Il panorama delle pay tv sta diventando sempre più affollato. Il dominio incontrastato di Sky è stato prima aggredito da Netflix, che – dopo una diffusione planetaria – è ora insidiato da altri player come Amazon Prime tv, Disney+, Chili, DAZN, Tim Vision, Infinity tv, Google Play. Sembra che si siano moltiplicati i seguaci del vecchio proverbio “piatto ricco mi ci ficco”.
Ma è poi così ricco questo piatto? La chiave del successo di Sky è stata l’offerta di un’ampia serie di canali capaci di interessare i pubblici più diversi. Dallo sport ai film, dalla musica alla natura, ce n’era e ce n’è per tutti. Poi è esploso il fenomeno delle serie tv, prodotte da canali pay americani come ad esempio HBO, che hanno ben presto scoperto l’opportunità di dare in concessione a livello globale le produzioni inizialmente nate per attirare clienti sulla propria piattaforma.
E Sky ha iniziato a distribuirle, creando dei successi planetari, come nel caso del Trono di spade, solo per citare uno dei più famosi. Nel 2008 è arrivato sul mercato tv Netflix, che fino a quel momento era leader nella vendita di dvd e videogiochi per posta, “uccidendo” a sua volta la catena di negozi Blockbuster. Distribuendo i suoi contenuti on demand in streaming tramite internet, è giunto oggi ad avere 182 milioni di abbonati nel mondo.
Ben presto questi grandi distributori sono diventati a loro volta produttori investendo grandi risorse in film e serie originali, ma hanno continuato a spendere grandi cifre per acquisire diritti sportivi, come ha appena fatto Netflix in Francia, acquisendo il diritto di trasmettere le partite della Ligue 1, che è la corrispondente della nostra serie A.
In Inghilterra Amazon trasmette la Premier League, ma “questa frammentazione su 3 piattaforme, non rappresenta per il pubblico il massimo della vita, soprattutto a livello economico. Un telespettatore inglese che voglia vedersi tutte le partite di Premier League trasmesse in TV da BT Sports, Sky UK e Amazon – un totale di 200 match su 380 – spenderà, a regime e con prezzo di listino, ben 197€ mese” (fonte: La Gazzetta dello Sport). Una cifra insostenibile, che dimostra come questa guerra di marketing non possa continuare a lungo.
Sia Netflix che Sky hanno cominciato a subire impreviste riduzioni del numero di abbonati. Sky ha chiuso a maggio 8 canali di sport causa coronavirus, mentre gli investimenti nelle produzioni originali pesano sempre di più. E non è detto che un distributore sappia per definizione fare altrettanto bene il produttore.
Così, per reagire, quelle che sono state definite “colliding industries” cominciano a seguire un altro proverbio: “Se non puoi battere il tuo nemico, alleati con lui”. E quindi cominciano a offrire pacchetti congiunti in un unico abbonamento, il cui costo ben presto dovrà per forza crescere, pena l’insostenibilità economica. Nel frattempo la crisi prodotta dal coronavirus ha ridotto le disponibilità alla spesa per l’intrattenimento, mentre i molti canali digitali free hanno cominciato ad offrire contenuti di buona qualità.
La corsa all’oro sta finendo, anzi probabilmente è già finita. E si sta trasformando nella corsa a chi resterà.