Il dottor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università degli studi di Milano, nonché Direttore sanitario Ircss dell’ospedale Galeazzi, ha provato a spiegare con parole semplici cosa significa essere un paziente asintomatico, ovvero, avere il coronavirus ma senza alcun sintomo visibile come la febbre, il mal di gola, il mal di testa e le difficoltà respiratorie. Attraverso il Twitter ufficiale della regione Lombardia è stato pubblicato un video in cui appunto si vede il professore di cui sopra spiegare: “La via principale di trasmissione di questa patologia, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, è il contatto con un soggetto sintomatico. Anche se, in rari casi, nella fase finale di incubazione, o, con sintomi lievi, la trasmissione della malattia è possibile”. I pazienti asintomatici, come anticipato da Pregliasco, sono considerati il principale “nemico” per la lotta al coronavirus, in quanto le persone che non sanno di essere infetta, continuano a vivere la vita di prima, rischiando di infettare a loro insaputa altre persone. Anche per questo il consiglio solito è di restare in casa. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



PAZIENTE ASINTOMATICO AL CORONAVIRUS/ COSA SIGNIFICA E QUANTO È CONTAGIOSO

Cosa vuol dire essere un paziente asintomatico al Coronavirus? Il termine “asintomatico” sta ad indicare letteralmente “che non presenta sintomi specifici” e nel caso del Coronavirus significa che pur essendo affetto dal virus non presenta alcun particolare sintomo apparente. Secondo le statistiche dell’Iss quasi il 10% dei soggetti positivi al Coronavirus sono asintomatici e dunque inconsapevoli di esserlo. Anche per questa ragione in condizioni di emergenza come quelle del Coronavirus è richiesto di restare a casa in quanto esiste un periodo di incubazione in cui la malattia infettiva è presente nel soggetto senza che questo manifesti alcun sintomo. L’incubazione è dunque “asintomatica” e termina esattamente quando il paziente manifesta i primi segnali della malattia che passa da “asintomatica” a “sintomatica”. Ma per quanto tempo una persona positiva all’infezione ma asintomatica può essere vettore di contagio? A spiegarlo a Corriere.it è il professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano che replica: “Un caso positivo di coronavirus è un soggetto a cui, a seguito di un tampone faringeo, viene riscontrata la presenza di virus vivo nelle vie respiratorie e che è quindi in una condizione di contagiosità che può andare avanti anche quando c’è la guarigione dei sintomi. Tutti i soggetti positivi, anche se poco sintomatici, o addirittura senza sintomi vanno considerati a rischio”. Ciò significa che le persone che hanno avuto  contatti ravvicinati con un caso positivo per più di 15 minuti, dovranno prestare attenzione e mettersi in isolamento per 14 giorni.



PAZIENTE ASINTOMATICO AL CORONAVIRUS: RISCHIO CONTAGIO

Un paziente asintomatico al Coronavirus quanto è realmente contagioso? A replicare è ancora il prof Pregliasco che ha fatto chiarezza su questo aspetto: “Essere positivi al tampone non vuol dire essere malati: esistono alcune persone che, nonostante risultino positive al test, potrebbero non sviluppare mai i sintomi”. Questo è, appunto, il caso dei pazienti asintomatici. Tuttavia, spiega, “è difficile che un soggetto asintomatico, rispetto a uno che manifesta raffreddore e tosse, contagi in modo significativo un’altra persona. Anzi è possibile, ma con minore efficacia e minore probabilità”. Anche essere guariti da una infezione da coronavirus, spiega ancora l’esperto, non vuol dire in automatico non essere più contagiosi: “Nei casi di recessione delle manifestazioni sintomatologiche è sempre meglio che i soggetti restino comunque in quarantena (14 giorni) ed eseguano un ulteriore test che confermi la negatività e la non contagiosità”. Sia per malati che per asintomatici esiste un iter da seguire per essere dichiarato a tutti gli effetti guariti. Secondo le linee dell’ISS, un soggetto asintomatico al Coronavirus o guarito dai sintomi va testato con tampone non prima di 7 giorni. In caso di positività va testato dopo altri 7 giorni e dopo il risultato negativo occorre ripetere il tampone dopo 24 ore. Secondo il virologo il problema è che molte persone messe in quarantena e asintomatiche non vengono sottoposte a tampone quindi dopo l’isolamento non si sa se abbiano davvero contratto il virus pur restando asintomatiche. In linea di massima, spiega, “è largamente riconosciuto che sono i pazienti con sintomi a essere di gran lunga più contagiosi con una carica virale maggiore. Del resto gli asintomatici sono meno “pericolosi” perché va da sé, non tossiscono e non starnutiscono”.

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