E’ stato assolto Carlo Mosca, il primario dell’ospedale di Montichiari accusato di omicidio. La Procura aveva chiesto 24 anni dopo l’accusa di omicidio volontario di Angelo Paletti, 79 anni di Calvisano, e di Natale Bassi, sessantunenne di Ghedi, ma il giudice ha deciso diversamente, con la Corte d’Assise presieduta da Roberto Spanòl che ha assolto l’ex primario quarantanovenne del Pronto Soccorso di Montichiari. «Sono pronto a tornare al mio lavoro in ospedale e all’università e lo faccio a testa alta perché tutto quello che ho me lo sono guadagnato con le mie forze», le parole a caldo subito dopo la sentenza di assoluzione, come si legge sull’edizione online del Corriere della Sera.



Carlo Mosca è stato totalmente scagionato da ogni accusa in quanto il fatto non sussiste, e come replica lo stesso medico ha deciso di procedere per calunnia, riferisce ancora il quotidiano di via Solferino, nei confronti di Michele Rigo e Massimo Bonettini, principali accusatori di Carlo Mosca. I fatti risalgono al marzo del 2020, ad inizio della prima ondata di covid, e l’ipotesi era che Mosca avesse somministrato dei farmaci venefici perché «nel suo efficientismo ha visto queste persone come un ostacolo al funzionamento del pronto soccorso», come accusava il pm, accuse però risultate infondate. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)



PAZIENTI MORTI A MONTECHIARI, CHIESTI 24 ANNI PER CARLO MOSCA/ USÒ FARMACI LETALI

Carlo Mosca, primario del pronto soccorso dell’ospedale di Montechiari, rischia 42 anni di carcere. È questo la richiesta del Pubblico Ministero di Brescia Federica Ceschi nei confronti del medico, a processo con l’accusa di omicidio volontario per la morte di due pazienti nella prima ondata Covid. Secondo l’accusa, ai due positivi il primario avrebbe somministrato Propofol e Succinilcolina, ovvero “farmaci incompatibili con la vita” che andrebbero utilizzati prima dell’intubazione di un paziente, che nei casi dei due pazienti non è mai stata eseguita.



Il medico, che è stato agli arresti domiciliari dal 25 gennaio 2021, aveva confermato in un’intercettazione ambientale di aver somministrato tali farmaci. “È vero che nessuno ha visto Mosca somministrare i farmaci ma l’intercettazione ambientale del 2 luglio 2020 quando a chi gli chiede “ma hai usato quei farmaci?” Mosca risponde: “Eh sì” è stata ritenuta un’ammissione. Ed è alla base, insieme alla presenza del Propofol nel corpo di uno dei cadaveri riesumati, della richiesta d’arresto” ha spiegato in aula il pm.

Parla il PM

A denunciare il caso di Carlo Mosca e dei farmaci utilizzati sui due pazienti morti di Covid a Montechiari era stato un infermiere. “È ingiusto esporre chi ha denunciato e che ha avuto il coraggio di rivelare quello che aveva saputo. Ora si vuole far credere che abbia parlato per un complotto nei confronti del suo primario. Durante il processo abbiamo assistito alla difficoltà di alcuni testi a riferire in aula di fatti che davanti al pm in fase di indagine erano stati raccontati in modo diverso e chiaro. E quei verbali sono stati firmati dagli stessi” ha aggiunto il pm.

Nel corso del processo, il medico si è difeso dicendo: “Io non ho messo quel farmaco. Qualcuno ha voluto farmi del male iniettandolo ad un paziente già morto”. Il pm Federica Ceschi ha aggiunto: “Si tratta di una spiegazione fantasiosa. È un’assurdità. E chi lo avrebbe fatto? E perché uno avrebbe dovuto uccidere un povero paziente? L’unico che ha avuto lo spazio e il tempo per iniettare il Propofol è stato Mosca. Si vuole pensare che chi ha presentato l’esposto sia l’autore di questa macchinazione? In quel periodo, marzo 2020, il peggiore della pandemia, non è immaginabile che qualcuno potesse pensare a un piano per incastrare il primario”.