Con la scelta – decisamente pavida – del sindaco di Firenze Dario Nardella di rinunciare alla propria candidatura in cambio di un posto di “portavoce” nella cordata che sostiene Stefano Bonaccini, si vanno delineando gli schieramenti in campo per il prossimo congresso del Pd.
La corrente dei sindaci (mancano all’appello Sala, Gualtieri e Manfredi) e dei governatori (con la sola esclusione di Emiliano) sembra così aver ottenuto un’ampia adesione di “primi cittadini” intorno al governatore emiliano. Merito soprattutto di De Caro, che incurante del ruolo super partes di presidente dell’Anci, si è speso molto per convivere e spostare sindaci sul suo candidato preferito. Lo stesso Vincenzo De Luca, seriamente tentato di fare corsa da solo, sembra che alla fine sia intenzionato a seguire il figlio Piero e aderire al cartello bonacciniano.
Anche sull’altro fronte si vanno sciogliendo gli ultimi dubbi. In particolare sembrano definitivamente risolti i quesiti che hanno angustiato in questi giorni Andrea Orlando, capo della corrente di sinistra. L’ex ministro del Lavoro ha dimostrato in più occasioni di provare scarso entusiasmo all’idea di candidare Elly Schlein. Ma anche Goffredo Bettini e lo stesso Matteo Ricci hanno resistito a lungo prima di sciogliere le ultime riserve. Molto più convita invece è stata l’adesione di Dario Franceschini, che non ha esitato a dare ampie assicurazioni del suo impegno nella maggioranza che ha eletto tre anni fa Zingaretti e che ora si ritrova intorno alla giovane ex assessora emiliana. Compatta, infine, l’adesione dei giovani della sinistra interna, guidata da Peppe Provenzano e Marco Sarracino e che raccoglie anche l’appoggio del candidato lombardo alle regionali Pierfrancesco Majorino e di tutto Articolo Uno.
A questo punto rimangono poche aree di incertezza e riguardano in generale ambienti vicino all’ex segretario Letta, molti di questi provenienti dalle file della ex Margherita.
La candidatura della giovane Schlein è sostenuta con convinzione da Enrico Letta. Ne è in qualche modo il principale mentore, si ritiene il suo scopritore e sicuramente è stato determinante per la sua elezione a parlamentare, insieme ad un nutrito gruppo di giovani che ora tenta l’assalto alla segreteria del partito. Il problema invece riguarda molti amici di Letta, ad esclusione di Francesco Boccia, che non riescono a digerire il fatto che quella candidatura ha troppo il sapore del ritorno a sinistra e per molti di essi non si tratta di una scelta politica ma di mancanza di affinità culturale.
Ora lo scontro si sposterà nelle prossime settimane su due campi di battaglia diversi. Da un lato c’è il congresso degli iscritti (i nuovi iscritti avranno tempo fino al 31 dicembre per chiedere la tessera) che determinerà i rapporti di forza per eleggere i dirigenti locali e gli organismi territoriali. Dall’altro c’è il congresso delle primarie, quelle per capirci del 19 febbraio, quando gli elettori del Pd avranno la possibilità di dire la loro su chi guiderà il partito per i prossimi tre anni.
Sia in un caso che nell’altro è molto difficile fare previsioni e non possono certo considerarsi attendibili alcuni sondaggi girati in questi ultimi giorni. Quello che sta emergendo è al contrario uno scontro molto incerto, in entrambi gli scenari. La partita tra gli iscritti è aperta ma molto dipenderà dal peso dei nuovi arrivi, cioè quelli che decideranno di impegnarsi in prima persona. Senza contare che le nuove regole sul tesseramento impediscono operazioni clientelari su pacchetti di tessere acquistati in blocco o sconosciuti all’anagrafe nazionale.
La battaglia per vincere le primarie molto probabilmente si concentrerà su alcuni pochi temi essenziali. È difficile immaginare al momento che Bonaccini possa essere capace di far dimenticare il suo passato di uomo di Renzi, che nel 2013 scalzò Roberto Reggi da capo del suo comitato elettorale, o il suo convinto impegno a favore dell’autonomia differenziata, oggi tema largamente inviso a larga parte del centrosinistra e su cui c’è l’opposizione frontale delle regioni meridionali.
La Schlein dovrà soprattutto dare sostanza al suo profilo di assoluta novità. Ha dalla sua tutti gli argomenti su cui la sensibilità del popolo delle primarie è sempre stata altissima: la discontinuità con il passato, la non appartenenza a correnti e caste interne, freschezza di linguaggio e dimestichezza con la cultura giovanile. Sembra l’unica in grado di parlare con quel vasto mondo a sinistra che in questi anni ha sofferto un Pd dominato dalla cultura della responsabilità e della governabilità ad ogni costo, che è considerata la principale causa del declino.
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