Toccherebbe ricordare l’appassionata difesa del crocifisso nei luoghi pubblici dalla penna della laica e non credente Natalia Ginzburg, tanti anni fa. Perché le glorie culturali vengono buone solo se strumentali all’ideologia dominante, e si trascorre con voluta indifferenza su ogni idea che scarti, che costringa a pensare al di fuori della narrazione corrente.
Vorrei oggi una firma importante del nostro panorama culturale (ma offre ancora vedute significative?) che ragionasse sui fatti accaduti a Venezia. Nel reparto di ginecologia e ostetricia dell’Ospedale Civile, nel periodo natalizio, è stata esposta all’ingresso un’icona della Natività. Un’idea di qualche sanitario, non osteggiata dalla Asl di competenza, ma che ha fatto ribollire di indignazione il segretario provinciale della Cgil e la capogruppo dem in comune, il consigliere regionale, entrambi piddini. Uno schiaffo, un brutale attentato alla libertà delle donne che decidono di interrompere la gravidanza. Come se l’aborto fosse una scelta auspicabile e benemerita e non, al più, una dolorosa sconfitta, che chiunque, credente o meno, di diversa area politica, dovrebbe far di tutto per limitare, sostenendo, consolando, aiutando le donne in difficoltà. Come se un’icona sacra potesse poi distogliere la fermezza di chi si accinga a chiedere di non volere suo figlio.
Bastasse questo, si dovrebbero tappezzare di icone tutti i reparti ginecologici del Paese, perché nessuno sano di mente può davvero credere che abortire sia un segno di libertà e un traguardo, un obiettivo desiderabile. Ma soprattutto: che male può fare lo sguardo dolce di una madre? Guardatelo, questo dipinto. Il papà è vecchiarello, povero, quando sappiamo che san Giuseppe doveva avere al massimo una trentina d’anni. Iò bimbetto che accarezza con la manina, già benedicente, il viso di sua mamma.
Una famiglia, una di quelle per cui, apparentemente, i sindacati e i partiti dovrebbero battersi (non ci dice così la propaganda?). Se un’immagine può far balenare un ripensamento, dobbiamo credere che non sarebbe frutto di libertà? E se i più passano oltre senza voler guardare, come viene impedita la loro libertà? Dobbiamo forse ricordare che, sempre negli anni libertari delle grandi battaglie femministe, contemporaneo alla Ginzburg un intellettuale altrettanto laico come Norberto Bobbio si schierò apertamente con quei fanatici dei cattolici che tentavano di far riflettere sull’aborto. Doveva essere un cedimento senile, per forza.
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