LA LITE COSTANTE NEL PD TRA ALLEANZE E CORRENTI. POI PERÒ SI “RITROVA” IN PIAZZA

Se per il Centrodestra il tema di questi giorni è quello di trovare la quadra per formare i nomi giusti per il nuovo Governo, in casa Centrosinistra il tema è sempre il medesimo: cos’è oggi e cosa diventerà il Pd, rimasto pesantemente sconfitto dalle Elezioni Politiche e in una semi-crisi di identità che lo proietta con molti dubbi e poche certezze verso il prossimo Congresso 2022-2023. In crisi nei sondaggi, dilaniata su quale futuro prendere – se spostarsi verso il “centro riformista” con Calenda e Renzi o se ristabilire l’accordo progressista con il M5s di Conte – e con una leadership tutta da ricostruire dopo il “ko” di Enrico Letta al voto di settembre. Insomma, in casa Pd le tematiche aperte sono diverse con in più il rapporto ancora più complesso tra le varie correnti che si preparano al prossimo Congresso.



«L’identità del Pd si è annacquata con il Conte-2», denuncia oggi sul Riformista Luigi Zanda, tra gli storici membri della sinistra Dem, scatenando la reazione provocatoria di Carlo Calenda sui social «ma dai?! Ci sono voluti appena tre anni e mezzo». Proprio il rapporto con i 5Stelle e la costituzione di una “nuova” sinistra rappresenta il tema forse più dirimente della prossima stagione del Partito Democratico: ai De Benedetti, Bersani, Veltroni e D’Alema che invocano uno scioglimento (o comunque una rivoluzione) interna al Pd, replicano i vari Prodi, Gentiloni, lo stesso Letta e Bonaccini che invece ritengono necessario ritrovare la “bussola” del rapporto con la base, con la gente di sinistra. All’appello lanciato da Letta per fare fronte comune all’opposizione contro il Governo Meloni, il leader di Azione Carlo Calenda non ci sta e intervistato su Rete4 attacca: «Non è una proposta vera, è falsa. non c’è nessun fronte comune, neanche interno al Pd. Metà partito sta già con Conte e infatti andrà alla manifestazione che, di fatto, è una manifestazione per la resa dell’Ucraina, sette deputati su undici hanno votato contro l’invio di armi… Ormai il Pd è già diviso in due campi. Proveranno a tenere tutto insieme attraverso un nuovo segretario che ricomincerà a dire “con Conte ma anche con Calenda». I dem si riuniranno sì in piazza contro la guerra della Russa (giovedì 13 ottobre alle 18.30 a Roma avanti all’ambasciata russa), ma restano divisi al loro interno anche per come impostare i prossimi mesi/anni di opposizione.



SI SPACCA GIUNTA PD A ROMA: 5 DEM CHIEDONO VERIFICA AL SINDACO GUALTIERI

In tutto questo, anche la situazione a livello locale del Pd non è certo nel suo periodo migliore: la giunta del Comune di Roma, insediata lo scorso anno con il nuovo sindaco Roberto Gualtieri si è spaccata in queste ore come “coda” delle tensioni a livello nazionale all’interno del Partito Democratico. Cinque consiglieri del Pd hanno deciso ieri di chiedere alla giunta Guatlieri «un cambio di passo nell’azione del sindaco e degli assessori». Serve una verifica, ribadiscono i cinque “ribelli” Yuri Trombetti, Antonella Melito, Antonio Stampete, Carla Fermariello e Cristina Michetelli: sul tavolo, tra gli altri punti, la sostituzione del segretario romano del Pd Andrea Casu, «ormai incompatibile perché parlamentare, con un gruppo di persone presenti sul territorio e in grado di guidare il percorso verso le elezioni regionali».



Ma la critica di parte del Partito Democratico contro l’ala romana dei Dem non si limita solo al fronte assessori: «Adesso dobbiamo fare una opposizione più radical e meno chic», denuncia a “La Repubblica” Michetelli, «Abbiamo un sindaco bravo come Gualtieri che però hanno chiuso in una cortina di fumo, deve andare nelle parti più brutte della città, proprio lì dove ci sono le maggiori contestazioni» sostiene invece Stampete. La verifica viene richiesta sull’intera giunta in quanto «bisogna valutare se tutti stanno lavorando bene». Ma è sul tema futuro delle Regionali nel Lazio che si proietta la critica pesante di parte dei consiglieri Pd, con la volontà di costituire nuovamente un asse con il Movimento 5Stelle: «Per arrivare a vincere per la terza volta nel Lazio abbiamo bisogno di un’alleanza larghissima insieme al Movimento 5 Stelle che è stato troppo criminalizzato», ha spiegato ancora Michetelli ai cronisti romani, «a Roma manca un partito».