VERSO UNA NUOVA SCISSIONE NEL PD? IRA POPOLARI VERSO IL CONGRESSO
Le Primarie del Pd sono previste per il 19 febbraio 2023; sette giorni prima le Elezioni Regionali in Lombardia e Lazio: in una settimana il Partito Democratico potrà capire quale sia il suo vero status di consenso nazionale e tensione interna. Una “prova del nove” decisiva che vedrà comunque vada la fine della Segreteria Letta e l’inizio del futuro dem, che sia con Stefano Bonaccini, Elly Schlein o Paola De Micheli. La guerra però interna delle correnti a sostegno dei tre candidati alle Primarie non si placa, così come la sfida tra le due differenti (storiche) “anime” del partito cardine del Centrosinistra: i cattolici-popolari ex Dc e i socialisti-riformisti-radicali ex Pci. Ebbene, l’ultima polemica (in ordine temporale) arriva dall’area dei popolari che contesta le decisioni del segretario Letta in merito alla “nuova carta dei valori” in programma entro il prossimo Congresso.
Come rileva Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera” – profonda esperte delle questioni dem – «i guai per il Pd sembrano non aver mai fine e per quasi due mesi se ne dovrà occupare ancora Letta». Il nuovo fronte interno, dopo le già diverse fibrillazioni osservate nella sfida a distanza tra Bonaccini e Schlein, è aperto da Pierluigi Castagnetti, ultimo segretario del Ppi e tra i fondatori del Pd veltroniano: «nuovo manifesto dei valori Pd? Chi lo farà si assumerà la responsabilità delle conseguenze». Scritto nel 2007, il Manifesto dei Valori del Partito Democratico vede diverse adesioni nel volerlo modificare a fondo, addirittura riscrivere secondo alcuni: le interlocuzioni andranno avanti fino a poco prima delle Primarie, con Letta intenzionato a modificare un movimento fino alla base per provare a intercettare l’emorragia di voti e consensi ai rivali interni del Centrosinistra, il M5s di Conte. I popolari però non ci stanno e con Castagnetti fanno sapere: «Se il Pd cambiasse la sua natura di partito dove si incontrano culture diverse, allora i popolari ne trarrebbero le conseguenze. Avvertiamo che questo congresso può assumere decisioni che possono determinare un oggettivo tradimento di quell’originaria intenzione-intuizione che generò nel 2007 la novità più significativa dal dopoguerra»: lo ha detto l’ex dirigente durante un vertice all’istituto Sturzo di Roma con l’associazione “I popolari”.
CAOS PD TRA PRIMARIE E REGIONALI: COSA STA SUCCEDENDO
Castagnetti si fa molto critico nei confronti di Letta e di parte del Pd che appoggia la “commissione dei 100” che sta lavorando per modificare il Manifesto dei Valori, «senza che il gruppo dirigente abbia ricevuto un mandato congressuale per fare questo. Vorrei sapere quali sono questi nuovi valori. Quelli che sono nella Carta del 2007 sono stati scritti da Reichlin e da Scoppola, che vi avevano riflettuto bene». Molti i presenti che concordano con la linea di Castagnetti: si segnalano, sottolinea il “Manifesto”, Beppe Fioroni, Francesco Garofani (attuale consigliere del Presidente Mattarella), Antonello Soro, Bruno Tabacci, Roberto Di Giovan Paolo. Non è certo un “cattolico popolare” eppure Luigi Zanda tende a sostenere la richiesta fatta da Castagnetti: «Ho partecipato alle prime riunioni del comitato e poi ho dato le dimissioni. Al di là dei contenuti, non ho condiviso in modo radicale il metodo. Sarebbe stato meglio fare una conferenza nazionale, lunga anche un anno, per analizzare le ragioni della nostra crisi».
Il segretario del Pd, temendo una possibile scissione di un’area importante del partito, prova a spegnere il fuoco: «Vi invito a non avere paura di questo dibattito. Il Pd è e sarà lo spazio politico delle nostre idee ed è l’unico soggetto che può mettere in campo quelle idee legate profondamente alla nostra Costituzione. Nessuno deve sentirsi escluso». Non solo, per l’ex Premier occorre con ancor più urgenza «un dibattito approfondito perché dal 2007 una serie di avvenimenti hanno cambiato la realtà. All’esterno esce un racconto distruttivo dei lavori del comitato, ma dentro si discute in modo costruttivo delle sfide che ci portano i tempi nuovi». Gli risponde a tono lo stesso Castagnetti che prima sottolinea «Non minaccio nulla, ma se cambia la natura del Pd le cose non resteranno così, ci sarà sicuramente un’iniziativa», poi però affonda alle agenzie «Contano i fatti, ma dai lavori del comitato escono cose inquietanti. Se torniamo a 20 anni fa, meglio chiudere bottega». Primarie, Congresso, Manifesto e pure Elezioni Regionali: se nel Lazio il M5s ha deciso di correre in solitaria abbandonando il Pd e il Terzo Polo sul nome di Alessio D’Amato, in Lombardia l’accordo tra Pd e M5s è tutt’altro che solido su Majorino. Riferendosi allo scandalo Qatargate e alla provenienza del candidato Governatore anti-Fontana, Conte sottolinea «Servono garanzie sul candidato»: in questo modo si scatena l’ira dei Dem che replicano a tono, «È incomprensibile» attacca la capogruppo alla Camera Debora Serracchiani, con lei anche Lia Quartapelle «I dubbi di Conte su Majorino sono offensivi».