Certo che è solo il solito gioco delle parti (o delle carte): io ti do del filo–evasore, tu dici che non è vero, però poi se anch’io ho una fettina di coscienza sporca mi adeguo ed approfitto della manovra o manovrina di turno tanto criticata: nel piatto ricco mi ci ficco.

Insomma, niente di che, però – come al solito – da che pulpito viene la predica…



Il caso emerso ieri è quello del Pd, che – dopo aver urlato a pieni polmoni dando dei “filo-evasori” ai meloniani – ha però poi subito approfittato della “rottamazione quater” per sistemarsi le pendenze contributive e portare a casa, visto che era possibile, un bel po’ di sconti fiscali.

Oddio, c’era anche chi ai tempi era andato un po’ più in là nell’accusare l’allora neo-governo Meloni su questa manovra, come il capogruppo del Pd in Commissione Bilancio alla Camera. L’on. Ubaldo Pagano era andato giù duro: “Diciamo basta a qualsiasi forma di condono, basta favorire gli evasori, basta aiutare dei criminali”, così come il responsabile economico del Nazareno, Antonio Misiani, che commentò “È uno schiaffo a chi è in regola!”.



Un’ azzardo, perché poi – come ha ben fatto Franco Bechis per Italia Oggi –  se si va un po’ a guardare sotto le coperte della Schlein si scopre che pure il Partito democratico è allora un tantino “criminale”, visto che in sede di relazione finanziaria 2023 si è ammesso che “Il partito, nell’anno 2023, ha ricevuto l’accoglimento per l’adesione alla Definizione agevolata prevista dalla legge 197/2022 e conseguentemente, con riferimento ai debiti verso gli Istituti di previdenza procederà a versare (con dilazione al 2027!) le somme dovute…”.

Solo un peccatuccio, nessun criminale, ma perché non approfittare dell’occasione per sistemarsi le pendenze proprie, pur svillaneggiando le iniziative altrui?



L’occasione è stata interessante anche perché, leggendo sempre la relazione finanziaria del Pd dell’anno scorso, si scopre che il Pd ha tuttora una bella massa di dipendenti (ad occhio e croce i più numerosi tra tutti i partiti) cui pagare contributi e stipendi, forse eredità del fu Pci poi Pds, poi Pd eccetera, per i quali rimanevano da sistemare i contributi arretrati e da incentivare all’esodo come un capitalista qualsiasi.

Ecco quindi venir buono anche il “quater” per tagliare i conti e i quadri che – si sa – pesano come macigni sulla testa di tutti, soprattutto quando langue la produzione.

D’altronde i partiti, di soldi, ne hanno pochi e sempre di meno, e quindi – finiti i fasti del contributo pubblico – bisogna tagliare: avesse la pubblica amministrazione tagliato quadri, costi, servizi e dipendenti come in questi anni hanno fatto i partiti,  Giorgetti e Leo sarebbero perennemente felici in vacanza, invece…

L’andazzo generale era stato meno spinto nel Pd perché il partito ha ancora tanti iscritti e contributi 2 per mille. Forse – siamo cattivi – con un’impennata di iscritti legati proprio all’elezione della Schlein, nel senso che nei mesi precedenti la sua nomina le tessere si erano moltiplicate come i pani e i pesci della parabola, il che aveva significato però un bel po’ di soldi “una tantum” che erano rientrati e quindi benvenuti per chi con quelli ci campa.

A questo proposito, però, vedendo poi i successivi bilanci Pd, non è che il cuore dei militanti sembri adesso andare d’amore e d’accordo con la segretaria Schlein, visto che in un anno (2023) i contributi raccolti sono passati da 3,8 milioni nel 2022 ai più miseri 1,8 milioni dell’anno scorso, il che – politicamente parlando – sarebbe pure un segnale preoccupante e non solo dal punto di vista economico.

Morale: le tasse e i contributi vanno pagati, ma se c’è lo sconticino è meglio utilizzarlo e quindi “dagli all’untore”, ma poi facciamoci due conti in tasca e chiudiamo un occhio. O meglio tutti e due.

 

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