Di stagflazione cinese si parlava già nel novembre scorso tanto che Pechino pensava di applicare una tassa sui dati contro Big tech.
Ma dopo il crollo dell’indice di Shanghai cominciato il 14 febbraio 2021, l’ipotesi di una recessione conseguente alla stagflazione cinese si fa sempre più concreta.
Infatti il 14 febbraio il csi300 aveva aperto 5922 toccando un massimo di 5930 ma dopo il minimo del 25 luglio a 4663 e la conseguente il latte realizzazione, l’indice ha avuto un crollo definitivo dal 12 dicembre 2021 fino ad arrivare al minimo di oggi a 3814.
Pechino e stagflazione: lockdown per il Dragone
In pratica è come se la Cina fosse tornata nella primavera del 2020, quando è esplosa la pandemia. La differenza è che oggi la pandemia è ancora in atto, ma solo due grandi città sono state messe in lockdown: Pechino e Shanghai.
Il lockdown per la Cina e anche nelle borse. Attualmente il porto di Shanghai è paralizzato con oltre 500 scafi in attesa di scaricare il ripartire la volta dell’occidente. Le persone a bordo infatti, sono state sottoposte a quarantena, causando così una mancanza di personale. Tutto ciò non può che abbattersi anche sull’occidente, dal momento che la Cina è il maggior fornitore di merci nei paesi occidentali, una questione che sta causando un incremento repentino dei prezzi.
Pechino e stagflazione: la sofferenza cinese
Se dunque apparentemente Pechino soffre, e probabilmente la sofferenza è più che radicata nella realtà, a soffrire di più sarà molto presto l’occidente già gravato dal caro energia ed all’aumento dei prezzi. Tutto ciò potrebbe tradursi in una recessione mai viste prima, che non risparmierebbe nemmeno gli Stati Uniti d’America oggi interessati da un inflazione al 8,5%. Il collasso dello Yen Giapponese è stato soltanto un avvertimento ai sistemi finanziari occidentali che presto vivranno un lungo inverno e non soltanto per la probabile chiusura delle stufe ed il razionamento del gas nel prossimo autunno, oppure per la chiusura dei condizionatori la prossima estate.
Pechino e stagflazione: le sanzioni che uccidono noi
Adesso l’unica cosa che puoi invertire la rotta, oltre l’apertura dei porti cinesi ipotesi che sembra improbabile, c’è anche il default russo che Stati Uniti d’America e Unione Europea stanno cercando di attuare attraverso le sanzioni a Mosca, ideate da Mario Draghi, e la gradualità della sofferenza inflitta volta a distruggere l’economia russa, come annunciato da Ursula von der Leyen. Tuttavia le borse rosse in questo periodo hanno vissuto dei momenti di gloria, non è lo stesso per Wall street e per Piazza affari, che hanno vissuto delle cadute brusche e imprevedibili. Se Wall street infatti ha visto un crollo di oltre il 30% per Netflix, dopo la fondò dello Yen Giapponese, quasi tutte le capitali occidentali hanno sperimentato chiusure negative.
Quello che ci aspetta tuttavia, come molti prevedono è una nuova profonda crisi, forse la più drammatica dal dopoguerra.