Accennata ieri dal discorso di Roberto Benigni a proposito della libertà di pensiero, azione e parola, la questione iraniana è arrivata sul palco del festival di Sanremo 2023 grazie a Pegah Moshir Pour, l’attivista italo-iraniana che attraverso i social network informa e denuncia i soprusi del governo dell’Iran che da mesi incarcera, tortura e uccide coloro che manifestano in nome della libertà, dopo l’assassinio di una ragazza colpevole per la polizia morale di non indossare correttamente il velo.
Pegah Moshir Pour a Sanremo 2023: “Donna, vita e liberà”
Il movimento di protesta ha preso il nome di Donna Vita Libertà e la ragazza ha raccontato cosa succede nel suo paese e come migliaia di ragazzi, ragazze, ma non solo, hanno deciso di ribellarsi a un regime di repressione indiscriminata: “In Iran non avrei potuto presentarmi così vestita e truccata, né parlare di diritti umani sul palco, sarei stata arrestata o forse addirittura uccisa, è per questo che, come molti altri ragazze e ragazzi, ho deciso che la paura non la temiamo più. Il regime non ci fermerà più. Siamo uno dei Paesi più belli al mondo. Vi chiedo se esiste un paradiso forzato, ahimè sì. Come si può chiamare un posto dove il regime uccide persino i bambini. Dal 16 settembre 2022, giorno in cui Mahsa Amini è stata uccisa dalla polizia morale, il popolo iraniano sta sacrificando con il sangue il diritto a difendere il proprio paradiso”.
Accanto a lei a pronunciare le parole di denuncia e, si spera, liberazione, arriva Drusilla Foer con cui duetta a partire da Baraye, la canzone che Shervin Hajipour ha scritto sulla base dei tweet dei ragazzi che stanno partecipando alle rivolte, vincendo un Emmy: è un momento toccante, in cui il peso di quelle parole crea una specie di giusto imbarazzo in chi le recita. “Per ballare per strada si rischiano dieci anni di prigione, è proibito baciarsi, tenersi mano nella mano, esprimere la propria femminilità, più di venti milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, ci sono bambini che perdono il sole e chiedono l’elemosina, cani innocenti uccisi per strada, in carcere ci sono 18.000 intellettuali e prigionieri politici, e poi rifugiati afghani, perseguitati”.
Suggellano il momento le parole cardine della canzone e della rivolta, “Donna, vita, libertà” e le immagini di un movimento che fa dell’arte e dell’amore il mezzo per forzare un regime di odio e morte. E Pegah con la sua opera crea un ponte di consapevolezza tra il nostro paese e l’Iran, impedendo che una questione così vitale ci sembri troppo distante per interessarcene.