Prima del viaggio… Montale ha proprio ragione. Ci si organizza e si ipotizzano tutti gli scenari possibili, soprattutto se vai all’estero, non sai una parola di inglese (inutile, visto che l’obiettivo è la cattedrale di Chartres in Francia) e hai solo un ricordo sbiadito di 15 anni prima dello stesso viaggio. Cerchi anche in modo scaramantico di tralasciare quel finale della poesia sull’imprevisto, perché, riconosciamolo, quando si è in ballo per andare all’estero ad una certa età meglio che imprevisti non ce ne siano, tutto deve filare liscio come l’olio.
Le tappe di avvicinamento, scandite dal susseguirsi dello splendido paesaggio francese, dai piccoli borghi collinari della Bourgogne fino alle pietre consunte dal tempo delle eglises locali, colorano il viaggio di pensieri e immagini che, aggiunte al fatto che non sei alla guida (esistono Gps fantastici rispetto all’artigianale tom tom precedente) fanno di te il navigatore più inutile che esista.
C’è tempo di smanettare su Google.
Charles Péguy mi è sempre piaciuto. Non che l’avessi letto molto, ma ascoltato sì. Come me ha accompagnato tanti nel passaggio dalla giovinezza alla vita adulta, in quelle Viae Crucis che si susseguivano anno dopo anno nel Triduo pasquale. Il ripetersi (sempre diverso) di quelle stesse frasi, goccia dopo goccia è arrivato al cuore. Ma “l’uomo” Péguy chi era?
Avevo letto una targa nel precedente viaggio, affissa ad una colonna della cattedrale, del suo pellegrinaggio a Notre Dame di Chartres. Perché farsi 130 chilometri a piedi in tre giorni quando c’era un’altra Notre Dame sotto casa? Questo ricordo e l’inutilità dell’essere navigatore accendono la scintilla della curiosità. E così, inaspettatamente, grazie ad alcuni articoli di Frangi (sul Sussidiario) e quello stupendo di Gianni Valente Il pellegrinaggio di Péguy pubblicato dalla rivista 30Giorni, è iniziato il vero viaggio. Il viaggio con il sottotenente della riserva Charles Péguy, il suo pellegrinaggio diventa il nostro, il suo sguardo a Notre Dame, il nostro.
Lui che a 17 anni ripudia il cristianesimo, frequenta circoli socialisti e ritrova la fede dopo anni (“la grazia tocca i cuori quando meno ce lo si aspetta”), che sposato civilmente con una donna atea, rifiuta ogni proposta di sposarsi in chiesa e di far battezzare i figli, che non può avvicinarsi ai sacramenti (una condizione canonicamente irregolare che viene continuamente rinfacciata al direttore dei Cahiers da alcuni “amici” intellettuali cattolici), ecco proprio lui diventa l’amico che ci accompagna.
Andrà tre volte da Notre Dame di Chartres per chiedere o per ringraziare. Rispetterà e attenderà fino alla fine la libertà della moglie Charlotte e dei tre figli.
Nel tramonto della giornata arriviamo da Nostra Signora. Il sole illumina la splendida facciata. Entriamo silenziosi cercando il Suo volto. La penombra appena rischiarata dalle imponenti vetrate ancora riflesse di luce ci accoglie.
Siamo giunti, Nostra Signora, accompagnati dalla fede di questo nostro amico Charles che ormai conosci bene. Mi giro, guardo mia moglie, lo stesso pensiero: Charles, Charlotte, Nostra Signora. Cerco la colonna con la targa, devo trovarti, devo ringraziarti, ma il restauro impedisce questo. Offriamo quello che ciascuno ha dentro al cuore, con semplicità. Come pellegrini ci si inginocchia e si accende un lume, una comitiva ci passa accanto con le audioguide, chissà se dicono di quel pellegrino del secolo scorso.
Leggiamo le ultime righe dell’articolo. Nella lettera che scrive quando parte per il fronte: “rivolge una richiesta testamentaria a tre donne: la moglie Charlotte, Jeanne Maritain e Blanche Raphaël. Chiede loro di andare per lui a Chartres, ogni anno, se fosse morto in guerra. Insolita richiesta, rivolta a una moglie non battezzata e a un’amica ebrea incredula”. Il 15 agosto 1914 il sottotenente Péguy muore al fronte. Per mezzo secolo, la moglie Charlotte, battezzata, andrà in pellegrinaggio a Chartres da Nostra Signora. Un imprevisto è la sola speranza ed è grazia che accada.
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