È uscito per Cantagalli-EuPress FTL la nuova antologia di Charles Péguy, il geniale poeta e scrittore francese morto nel 1914, dal titolo “Il fazzoletto di Véronique – Antologia della prosa” curata da Pigi Colognesi: oggi su La Verità in una bella recensione Francesco Borgonovo prova a trarre l’aspetto più “politico” e culturale delle ‘profezie’ redatte da Pêguy più di 100 anni fa e purtroppo mai del tutto ascoltate. Da cristiano e liberale, seppe cogliere l’essenza della modernità più di molti altri più “progressisti” anche molti decenni successivi: la coglieva perché in fondo la “detestava“, «Della Società moderna si vuole fare un nuovo Dio», sentenziava lo stesso scrittore francese nel “Pour la rentrée” ad inizio Novecento, riprendendo poi in “Zangwill” nel 1904 quanto segue «Esaurire l’immensità, l’indefinitezza, l’infinità del dettaglio per raggiungere la conoscenza della totalità del reale […]. Solo un Dio ci riuscirebbe. […] Tale è proprio l’ambizione inaudita del mondo moderno. […] Dio cacciato dalla storia, e per una singolare ironia, e per un nuovo ritorno, Dio che si ritrova nello storico sapiente». Pêguy, spesso attaccato dagli altri intellettuali più “modernisti” di avere in qualche modo anticipato la cultura nazionalsocialista, sapeva invece cogliere nel segno del secolo che si apriva davanti: «Vogliono dominare la realtà, ma la verità e che dal reale riescono solo, irrimediabilmente, a distaccarsi», nota Compagnon nel leggere lo scrittore e geniale saggista (tutt’altro che nazista, come si può evincere dal livello di profondità dei suoi scritti, ndr).
ANTOLOGIA DI PÉGUY, IL COMMENTO DI DON CARRÓN
Secondo Péguy la realtà è libera solo se non è “insolentita” dalla presunzione della tecnica di poter spiegare tutto e di sostituirsi a Dio (contraddicendosi però parallelamente nel dire che lo stesso metafisico non esiste): «Un esito della modernità è pensare che non esista più nemmeno il da- to materiale, ma che tutto sia malleabile, trasformabile a piacimento, riutilizzabile», sottolinea Colognesi nel presentare la nuova raccolta di testi di Péguy. A curare la prefazione il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, Don Julian Carrón, nel solco dell’amore che Don Giussani aveva per la prosa di Péguy: «è stato un grande genio cristiano, e colpisce tanto il suo modo di parlare di Cristo, che per lui è l’avvenimento degli avvenimenti, quel fatto particolare che ha segnato per sempre la storia», scrive il sacerdote spagnolo nella prefazione pubblicata dal portale Clonline.org. «A questa libertà, a questa gratuità ho sacrificato tutto, dice Dio, al gusto che ho di essere amato da uomini liberi, liberamente, gratuitamente, da veri uomini, virili, adulti, fermi», scrive ancora il poeta francese nel testo su Veronique, con Don Carrón che commenta «In questo libro ci sono pagine che parlano della libertà come elemento fondamentale dell’esperienza cristiana […] Dio non si è imposto all’uomo, ma si è proposto disarmato, in modo che la sua ragione e la sua libertà fossero provocate a rispondere. Péguy ci ricorda dunque che negare la libertà significa contraddire il metodo di Dio, al quale Cristo stesso si è sottomesso».