Alla fine il 58enne Kenneth Smith, condannato alla pena di morte nello stato dell’Alabama per aver ucciso 38 anni fa una donna, è stato giustiziato con l’azoto, prima volta in assoluto che viene utilizzata questa pratica per un condannato. Dopo che i legali dello stesso avevano effettuato ogni tentativo per evitare l’esecuzione, tutti respinti, alle ore 2:00 italiane, le 19:00 locali, il 58enne è stato portato nell’apposita saletta, dove è stato legato, quindi gli è stata apposta una maschera da cui è fuoriuscito appunto l’azoto. Nel giro di un’ora e venticinque minuti il gas ha fatto effetto, uccidendo Kenneth Smith. Prima del decesso l’uomo si è rivolto ai parenti presenti, facendo il segno ti amo e dicendo loro “Grazie per avermi supportato. Vi voglio bene, tutti”.



Quindi ha aggiunto: “Stasera l’Alabama fa fare un passo indietro all’umanità. Me ne vado con amore, pace e luce”. Tecnicamente, come scrive RaiNews, l’uomo è stato ucciso per asfissia ed è la prima volta che succede nella storia che viene utilizzato l’azoto per una pena di morte. Smith è rimasto cosciente per diversi minuti, mentre per almeno due minuti è sembrato contorcersi e tremare sulla barella, cercando di tirare contro le cinture che lo tenevano fermo, dopo di che ci sono stati dei diversi minuti di respiro pesante fino a che lo stesso non ha più respirato. Secondo quanto spiegato da un funzionario, i movimenti del condannato sono stati “involontari e previsti”.



PENA DI MORTE IN ALABAMA: KENNETH SMITH GIUSTIZIATO CON L’AZOTO. LA REPLICA DELLA GOVERNATRICE

Terminata l’esecuzione Kay Ivey, governatrice dello stato dell’Alabama, ha diffuso una nota per dire che “Dopo più di 30 anni e di tentativi per ingannare il sistema, il signor Smith ha pagato per i suoi crimini orrendi”.

Numerose le critiche, anche dall’Italia, come quelle di Elisabetta Zamparutti, dell’associazione italiana Nessuno Tocchi Caino, secondo cui l’esecuzione con l’azoto è “un metodo di soffocamento che sottolinea ancora una volta l’esistenza di un paradigma patibolare, di una giustizia vendicativa di cui dovremmo liberarci. È una giustizia che non lascia spazio alla speranza e alla grazia per un uomo condannato quasi 30 anni fa. Perfino Paesi come l’Iran prevedono la salvezza della vita, se qualcosa si intoppa durante l’esecuzione. In America, invece, si arriva a modificare il metodo pur di uccidere”.