Con Giuseppe Pennisi ci ha lasciati non solo uno studioso dell’economia, con tanto di esperienza in Banca mondiale, ministeri e università italiane, e un melomane, ma anche un amico del Sussidiario. Fu lui a scrivere in redazione e a proporre alcuni articoli fino ad arrivare a uno spazio fisso settimanale (il lunedì), cui si aggiungevano frequenti recensioni musicali.
Per oltre dieci anni, con la gratuità e la generosità che lo contraddistinguevano, non ha fatto mancare l’invio di articoli, anche durante le vacanze estive o nelle da lui amate “tournée” per prendere parte a festival musicali o recarsi in qualche teatro dell’opera europeo. Solo quando è stato necessario un ricovero ospedaliero si è fermato, ma già durante la convalescenza, insieme alla forze recuperava subito la volontà di mettersi alla tastiera.
Certo, inizialmente non è stato facile abituarsi alla sue ripetute telefonate e ai suoi messaggi in segreteria telefonica (credo che Giuseppe fosse uno dei pochi a lasciarli ancora ai suoi interlocutori), ma non c’è voluto molto a capire che quella sua “insistenza” era dettata soprattutto dalla volontà di rendersi utile, anche quando avrebbe avuto tutte le ragioni del mondo per pensare solamente alla sua salute. Invece, anche durante la lunga lotta con la malattia, puntuale si presentava con più proposte per il giornale.
Chiedeva spesso come andassero le cose in redazione, specialmente da quando non aveva più la possibilità di venire a Milano, ma anche a casa. Dimostrava affetto così come lo riceveva: si riteneva fortunato dall’avere vicini i suoi cari e di essere riuscito a coltivare amicizie durature nell’arco della sua vita. C’è stato anche chi dagli Stati Uniti è volato a Roma solo per qualche giorno per poterlo salutare un’ultima volta.
Uno dei suoi recenti articoli è stato dedicato a un libro su Ettore Bastianini e mi piace pensare che Giuseppe stesse scrivendo anche di sé quando raccontava che, nonostante fosse provato dalla malattia e dalle cure inefficaci, il baritono continuava ad andare in scena. Anch’egli, infatti, sebbene sapesse bene da tempo quello cui andava incontro, finché il corpo gliel’ha consentito, non ha limitato la sua attività. Non si è fermato, è rimasto libero di continuare ad andare a sentire concerti, partecipare a convegni, leggere e informarsi: il cancro non ha intaccato la sua anima.
Anche adesso siamo certi che il nostro chroniqueur ha già pronti almeno un paio di pezzi per raccontare quel che vede e quel che ascolta Lassù.
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