Si è parlato molto dell’allarme lanciato dalla Cgil sul fatto che i 40enni di oggi rischiano, per via del sistema contributivo, di andare in pensione non prima dei 73 anni. Michele Raitano, in un’intervista al sito di Rassegna sindacale, spiega che “l’architrave contributiva è utile e necessaria. Ma restando al suo interno, vanno pensate alcune forme di tutela. Ci sono infatti situazioni che il contributivo, con la sua meccanicità, non può coprire. Penso in prima battuta ai giovani con lavori discontinui, ma anche a chi ha lavori poco remunerati. In poche parole, corriamo il rischio concreto che molte persone a lungo attive ricevano in futuro pensioni inadeguate, fino a cadere in situazioni vulnerabili. Da qui l’idea, anzi, direi la necessità, di offrire una garanzia”. La quale, per l’economista della Sapienza, dovrebbe essere di circa 930 euro netti (da rivalutare in base all’andamento del Pil), a partire dai 66 anni d’età “più 42 di contributi, per poi tararlo in funzione alcune variabili”.
I 40enni di oggi in pensione non prima dei 73 anni, l’allarme della Cgil
La Cgil, con la sua iniziativa “Rivolti al futuro” per una riforma pensioni che cambi in profondità la Legge Fornero, come spiega il sito del Corriere della Sera, ha oggi lanciato un allarme: i quarantenni di oggi, coloro che hanno iniziato a lavorare dopo il 1996 e ricadono nel contributivo puro, rischiano di non andare in pensione prima dei 73 anni. Anche per questo motivo Maurizio Landini, che ha partecipato all’evento, ha detto che un sistema puramente contributivo, se non è corretto e se non ha al suo interno elementi di solidarietà, è un sistema che crea grandi diseguaglianze. Secondo quanto riporta il sito di Rassegna sindacale, il numero uno della Cgil ha anche evidenziato che un sistema previdenziale equo dovrebbe tenere conto di chi svolge lavori gravosi o di chi svolge dei lavori di cura come tante donne italiane.
Landini, Cgil:” Pensioni, vogliamo trattativa vera. I lavori non sono tutti uguali”
“Noi vogliamo che si apra una trattativa vera, tavoli affollati in cui ci chiedono cosa ne pensiamo non servono molto, lo sanno già cosa pensiamo. Vogliamo discutere, ovviamente si può non essere d’accordo con le nostre proposte. Ascolteremo e in base a questo decideremo se andare avanti con la nostra mobilitazione”, ha aggiunto Landini. Secondo il numero uno della Cgil, “tra gli elementi che creano diseguaglianze uno dei più importanti è il fatto che i lavori non sono tutti uguali, non solo per l’aspettativa di vita ma anche sul piano dei contributi e delle opportunità”. Quindi, “dobbiamo fare in modo che qualsiasi rapporto di lavoro abbia dei contributi e sia utile per poter poi andare in pensione proprio perché viene riconosciuto e dunque valorizzato”.