Saranno 62 miliardi quelli sul conto della spesa pensionistica tra la fine del 2022 e il 2026. Un’impennata di più di 23 miliardi è prevista per il prossimo anno a causa dell’effetto indicizzazione: sono dati contenuti nella Nota di aggiornamento al Def approvata dal governo Meloni, ora all’esame del Parlamento. Questi riducono notevolmente gli spazi per gli interventi sulla previdenza anche a causa delle scarse risorse a disposizione per la manovra in arrivo. Nello scenario sul medio-lungo periodo, tratteggiato dalla Ragioneria generale dello Stato nella Nadef, emerge un campanello d’allarme in ottica di sostenibilità del sistema previdenziale, già dal 2030. Da quel giorno la spesa comincerà a salire rapidamente a un ritmo superiore del 16% sul Pil, ossia del livello indicato per il 2024, come riporta il Sole 24 Ore.
“Dal 2030 il rapporto tra spesa e Pil riprende ad aumentare fino a raggiungere il 17% nel 2042″ hanno spiegato i tecnici del Mef. La dinamica è dovuta “all’incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla transizione demografica, solo parzialmente compensato dall’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento“. L’effetto è dovuto all’aumento del numero dei trattamenti previdenziali. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, anche mercoledì aveva ripetuto che con la natalità attuale del Paese “il sistema pensionistico non regge”.
Nadef, crescita boom delle uscite delle pensioni
Come spiega il Sole 24 Ore, non sarebbe una rinuncia del governo a intervenire strutturalmente sulle regole in vigore. La riforma che vuole superare la legge Fornero resta ancora nell’agenda di palazzo Chigi, ma con tempi più larghi. Anche Quota 41 non è stata eliminata, come sottolineato più volte dal sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, ma calano le sue chance, condizionate dal ricalcolo contributivo del trattamento. Nell’immediato, la situazione è complicata soprattutto per le ricadute della corsa dell’inflazione sulla rivalutazione dei trattamenti pensionistici. La Nadef indica che l’anno prossimo le uscite pensionistiche avranno una crescita boom del 7,3%, dunque maggiore del +7,1% stimato nel Def di aprile.
Come si legge nella Nota di aggiornamento del governo, “principalmente per effetto dell’indicizzazione delle pensioni all’inflazione dell’anno precedente”. Ad incidere è anche la scia di Quota 100 che ha ancora un impatto significativo sui conti pubblici, mentre molto più limitati sono quelli di Quota 102 e Quota 103. Nel 2024 la spesa arriverà a 340,56 miliardi: 23,07 miliardi in più di quella prevista alla fine di quest’anno. Nel 2025 saranno superati i 350 miliardi e l’anno successivo si arriverà addirittura a 360,67 miliardi con una crescita media delle uscite in questo biennio che sarà di circa il 3% I tecnici del Mef, nella Nadef, hanno fatto notare che “tenuto anche conto dell’elevato livello dell’indicizzazione nel biennio 2023-2024 (imputabile al rilevante incremento del tasso di inflazione registrato a partire dalla fine del 2021 al 2023), la spesa in rapporto al Pil aumenta significativamente portandosi, alla fine del biennio, al 16% (0,8 punti percentuali sopra il dato del 2018), livello che viene sostanzialmente mantenuto fino al 2029″.