Per godere delle pensioni di vecchiaia il sistema italiano si basa sui contributi previdenziali. L’INPS richiede un minimo di vent’anni e l’età anagrafica che potrebbe variare dai 64 ai 67 anni d’età (in alcuni casi l’età pensionabile si riduce drasticamente).
Ad oggi esistono due misure di pensionamento che permettono di uscire combinando gli anni di contributi versati e l’età anagrafica. Con le pensioni di vecchiaia si esce a 67 anni d’età (requisito anagrafico) e 20 anni di contributi INPS.
Pensioni di vecchiaia: a 64 o 67 anni d’età?
Le pensioni di vecchiaia prevedono di uscire dal lavoro a 67 anni d’età e 20 anni di contributi. Tuttavia, esistono alcune misure che consentono di andare in quiescenza anche a 64 anni. In questo caso l’importo dev’essere quanto meno uguale all’assegno sociale.
Si parlerebbe in questo caso della cosiddetta pensione anticipata contributiva, i cui contributi devono essere “puri” e l’importo non può superare di tre volte il trattamento minimo sociale. Nel caso in cui il beneficiario fosse una donna con figli allora il requisito si ridurrebbe.
Una donna che ha avuto un solo figlio può beneficiare delle pensioni anticipata contributiva anche se la somma è pari a 2,8 volte l’assegno sociale, mentre si passa a 2,6 volte qualora la donna avesse avuto più figli.
Le difficoltà nel 2025
Centrare le pensioni di vecchiaia nel 2025 è più difficile. Con l’aumento dell’assegno sociale minimo a 540€ al mese (rispetto agli attuali 534,41€), la situazione si fa più complessa. Una complessità che si rispecchia non solo nella quiescenza di vecchiaia ma anche in quella anticipata contributiva.
Le pensioni anticipate contributive infatti, prevedono di percepire almeno tre volte l’assegno sociale (e questo rialzo, seppur lieve, rende ancor più difficile il raggiungimento di tale soglia).
E giusto per rendere ancora più complessa la situazione, recentemente il Ministero del lavoro ha pubblicato un Decreto in cui comunica la riduzione dei coefficienti di trasformazioni per quanto riguarda il biennio 2025 – 2026.
Con un montante contributivo alto, l’uscita nel 2025 renderebbe meno favorevole l’importo pensionistico (almeno rispetto all’anno precedente).