Nei giorni scorsi c’eravamo preoccupati ascoltando di buon mattino un’intervista radiofonica del Presidente del Civ e vigilanza dell’Inps, Guglielmo Loy: “Per le pensioni non ci sono problemi, ma se l’emergenza sanitaria dovesse proseguire sarà necessario un intervento del Governo per tenere in equilibrio il sistema previdenziale”. Parole pesanti, soprattutto perché pronunciate dal Presidente dell’organismo che esercita i poteri di indirizzo e vigilanza dell’Istituto (tanto che ha il compito di approvare i bilanci) in rappresentanza delle forze sociali. Loy ha anticipato che si profila un disavanzo di esercizio pari a 35,7 miliardi di euro in conseguenza delle distorsioni che l’epidemia ha prodotto nei flussi di entrata e di uscita: “Meno entrate perché meno lavoratori che lavorano, meno aziende pagano i contributi per quei lavoratori e più uscite perché una parte delle prestazioni sono state pagate, soprattutto la cassa integrazione, con il bilancio dell’istituto”.



E le prospettive? E le pensioni? Loy è rassicurante: problemi per ora non ce ne sono, anche perché “l’Inps opera ovviamente attraverso la solidarietà tra i vari fondi. Sono sostanzialmente in equilibrio”. Il che significa – è bene ricordarlo – che il soccorso al bilancio unitario proviene dall’avanzo della Gestione separata (quella a cui sono iscritti le categorie dei precari) che, per adesso, incassa i contributi ma eroga poche prestazioni, perché è operante dal giugno del 1996.



Ma le dichiarazioni del presidente del Civ sono continuate, suscitando qualche inquietudine: “È chiaro che se la crisi piano piano rientra e con un sostegno del Governo la situazione è gestibile. Se ovviamente l’economia crolla e crolla il lavoro, il problema generale dell’equilibrio ce l’avrà il Paese prima e dopo l’Inps naturalmente”. In sostanza, se la crisi dovesse continuare, secondo Loy, si renderà necessario un intervento del Governo per tenere in equilibrio il sistema pensionistico.

Parole dure, dette da chi conosce come stanno le cose. E anche considerazioni tanto comprensibili da apparire ovvie. Le pensioni sono pagate mediante le risorse derivanti dai contributi dei lavoratori attivi. Se queste risorse si assottigliano e vengono impiegate per sostenere l’erogazione degli ammortizzatori sociali (insieme alle allocazioni straordinarie derivanti dai decreti contro l’emergenza) è evidente che si determinano degli squilibri.



Pochi giorni dopo queste esternazioni di Guglielmo Loy, è sceso in campo il Presidente dell’Inps Pasquale Tridico: Loy suona le sue trombe!? Io rispondo – sembra dire – con i rintocchi delle mie campane e con lo sventolio di banconote come fossero coriandoli di Carnevale. In un’intervista a Tpi Tridico si vanta del lavoro compiuto dall’Inps. Se a gennaio qualcuno gli avesse detto che l’istituto di previdenza avrebbe gestito 26 miliardi di euro (oltre ai 10 del decreto Cura Italia), riuscendo a coprire 18 milioni di persone (e 11 milioni di persone nel decreto Cura Italia), lo avrebbe scambiato per un matto. “Invece è esattamente quello che stiamo facendo”. A proposito dei ritardi nel pagamento della cassa integrazione, il presidente sottolinea: “Ci sono state delle polemiche e mi dispiace. Adesso abbiamo dalle regioni tutte le domande. Ma bisogna anche capire il contesto. Anche le regioni si sono trovate di fronte una valanga di richieste”. E nel prossimo futuro?  “Con il decreto Rilancio, la Cig sarà pagata entro 15 giorni” e ci sarà l’anticipo del 40% dato su domanda.

Per quanto riguarda i cittadini rimasti senza aiuto, Tridico fa sapere: “Su 7,5 milioni di potenziali percettori, noi abbiamo già pagato, tra conguagli e pagamenti diretti, casse integrazioni a 5 milioni di cittadini. Ma le attese sono finite”, assicura “copriremo in breve tutti coloro che hanno diritto”. Tridico rivendica i risultati raggiunti. “Io credo che l’Inps in questa crisi si sia confermata come il perno dello Stato sociale. Non era facile. Non era scontato. Con la miriade di strumenti messi in campo abbiamo aderito a ogni piega della società italiana”.

In sostanza l’Inps ha assunto la forma del c.d. regolo lesbio, uno strumento che nell’antichità serviva a misurare le superfici concave e convesse, perché disponeva di un lato flessibile in grado di aderire a esse. A suo modo Tridico fornisce anche le statistiche della Cig, ma lo fa con un tono che rasenta l’entusiasmo per la mole di lavoro che l’Istituto dovrà svolgere. Così ci corre l’obbligo di completare il quadro. Da gennaio ad aprile dell’anno in corso sono già state autorizzati 835 milioni di ore di cui 631milioni nell’industria e 47 milioni in deroga soprattutto nel settore del commercio e dei servizi. In tutto il 2019 – un anno non particolarmente florido – le ore di Cig autorizzate sono state 260 milioni; se poi si va a vedere quante sono state effettivamente utilizzate il numero scende. Così è stato anche nel 2020 nel mese di gennaio, mentre non vi sono ancora riscontri per i mesi successivi in cui l’epidemia ha provocato provvedimenti di chiusura forzata.

Un contributo come sempre interessante è venuto da un articolo a firma congiunta di Alberto Brambilla e Claudia Negro sul Corriere della Sera. “In questi ultimi sette anni dal 2012 al 2018 – fanno notare gli autori – per una serie di leggi quali Quota 100, le otto sanatorie, Ape sociale, opzione donna e agevolazioni per i precoci, oltre 340 mila lavoratori hanno potuto andare in pensione con requisiti di età e anzianità contributiva molto più favorevoli di quelli previsti dalla riforma Fornero, per un costo stimato attorno ai 30 miliardi. Nonostante ciò il nostro sistema di protezione sociale, in primis quello pensionistico, si è dimostrato solido e sostenibile”.

“Sul lato delle prestazioni – prosegue l’articolo – la differenza tra le cosiddette cancellazioni relative alle persone decedute che sono aumentate di quasi 20 mila unità causa Covid e le nuove liquidate comprese quelle relative a quota 100 e provvedimenti, collegati, produrrà un incremento notevole della spesa che si potrebbe attestare a circa 240 miliardi rispetto ai circa 225 del 2018 e ai 230 del 2019”. In vista di uno scenario siffatto, secondo Brambilla e Negro, “è certamente giusto in questa situazione pensare al sostegno del reddito, ma a maggio i soldi finiranno e se le imprese non verranno messe in condizione di lavorare la situazione si farà critica, anche sul fronte del costo del finanziamento del nostro debito. Certo la burocrazia del protocollo di sicurezza (oltre 20 pagine) e la responsabilità civile e penale delle imprese se un dipendente si ammala di Covid, non aiutano; un piano di ammodernamento di ospedali, carceri e servizi sanitari (36 miliardi dal Mes, il Fondo salva Stati, senza condizionalità) e quasi 100 miliardi di interventi pubblici potrebbe lenire la crisi”. Ci auguriamo che il prof. Tridico abbia preso buona nota. E prima di lui, il Governo.