Incalzata dall’impeto violento dell’epidemia (e in conseguenza dei suoi effetti), la politica sta vivendo settimane di fuoco. Le istituzioni europee hanno disposto un piano di difesa dell’economia degli Stati membri di una dimensione tale che nessuno avrebbe mai immaginato. Carlo Cottarelli, in un articolo su La Stampa, ha voluto ricordare i capisaldi degli interventi predisposti: la sospensione delle regole fiscali a tempo indeterminato; 100 miliardi per finanziare lo “Sure”, lo strumento di erogazione di prestiti agevolati per sostenere i sistemi di protezione del lavoro (all’Italia dovrebbero spettare tra i 15 e i 20 miliardi); 200 miliardi sono stati messi a disposizione dalla Bei (che saranno ripartiti sulla base dei progetti presentati); 220 miliardi verranno dalla Bce per l’acquisto di titoli di stato italiani; la trasformazione del Mes in “Salva Europa” dall’epidemia Covid-19, da usare subito per aumentare le capacità delle strutture sanitarie, ospedali e centri di ricerca.
Per l’Italia questa operazione vale circa 35 miliardi. Il Governo però ha ritenuto di “impiccarsi” (copyright di Mario Monti) alla proposta degli eurobond (“spezzeremo le reni all’Olanda!”) e non si accontenta della mediazione intervenuta nell’Eurogruppo: la proposta al Consiglio Ue di istituire un Fondo per la ricostruzione dell’Europa da finanziare anche con strumenti innovativi”. Il comunicato è chiaro: “Il solo requisito per accedere alla linea di credito del Mes sarà che gli Stati si impegnino a usarla per sostenere il finanziamento di spese sanitarie dirette o indirette, cura e costi della prevenzione collegata al Covid-19. La linea di credito sarà disponibile fino alla fine dell’emergenza. Dopo, gli Stati restano impegnati a rafforzare i fondamentali economici, coerentemente con il quadro di sorveglianza fiscale europeo, inclusa la flessibilità”.
Il quadro di garanzie definito è rassicurante e, soprattutto, in grado di essere operativo con una rapidità che non sarebbe possibile attraverso l’istituzione degli eurobond (un sarchiapone finanziario), non solo per le difficoltà politiche, ma anche per quelle tecnico-giuridiche che l’operazione comporterebbe, prima di tutto perché l’Unione non ha un patrimonio proprio con cui garantire le emissioni.
Mentre perdiamo tempo a fare propaganda soltanto per tener conto di un veto immotivato posto dal M5S contro il Mes, Graziano Delrio, in quarantena operativa, si è fatto scappare una proposta sulla quale sarebbe stata opportuna una maggiore riflessione: un’imposta straordinaria di solidarietà a carico dei redditi superiori a 80mila euro lordi l’anno. Innanzitutto, con una misura siffatta pioverebbe sul bagnato, perché – com’è noto – i professionisti e i lavoratori autonomi (inclusi i titolari di partita Iva) non hanno potuto lavorare, se non con molte difficoltà, perché gli studi sono stati chiusi per legge. Prendere a riferimento il reddito dell’anno scorso per imporre maggiori tasse quest’anno a carico di un reddito sicuramente inferiore non sembra corrispondere a criteri di equità. Non si dimentichi, poi, (è Alberto Brambilla che s’incarica di ricordarlo) che l’11,3% dei contribuenti paga il 52,5%, il 4,13% paga il 33,64%, lo 0,08% paga il 4,71% delle imposte sul reddito.
E i cosiddetti pensionati d’oro meritano un’ulteriore penalizzazione in aggiunta a quelle prevista dalla legge di bilancio per il 2019? Con quella legge fu istituito presso l’Inps un apposito “Fondo di risparmio sui trattamenti pensionistici di importo elevato” a cui affluiscono i proventi dell’operazione che furono stimati dalla Relazione Tecnica in 76 milioni per il 2019, 80 per il 2020 e 83 per il 2021 (rispettivamente 138, 145 e 152 milioni all’anno al lordo delle imposte). Sempre la Relazione Tecnica evidenziò il numero di pensioni (vigenti a settembre 2018, e non di pensionati) colpite dalla misura individuandolo in poco più di 24 mila, di cui 16.644 comprese tra 100 e 130 mila euro, 6.665 tra 130 e 200 mila, 873 tra 200 e 350 mila, 82 tra 350 e 500 mila e solo 23 oltre i 500 mila euro. Considerato che si trattava di numeri riferiti alle pensioni e non ai pensionati e tenuto conto che in media ogni pensionato percepisce 1,4 pensioni si calcolò che il provvedimento in parola potesse interessare meno di 20 mila pensionati.
Le entrate previste da questa norma riguardavano solo le pensioni a partire da 100mila euro l’anno lordi. Ovviamente se si inizia da 80mila euro su di una platea che comprende tutti i contribuenti, gli introiti sarebbero più consistenti. Ma se si vuole arrivare – come si è detto del progetto Delrio – a entrate pari a 1,3 miliardi, è sufficiente la legge dei grandi numeri per capire che delle due l’una: o i conti dell’esponente dem sono sbagliati o il taglio in realtà sarebbe una sorta di esproprio.