Le pensioni integrative restano ancora scarsamente utilizzate in Italia. Lo sottolinea il quotidiano Il Sole 24 Ore, specificando come la previdenza complementare nel nostro Paese abbia un tasso di partecipazione pari al 36,2 per cento dei lavoratori, contro ad esempio l’84 per cento in Germania o il 93 per cento dei Paesi Bassi. Inoltre, c’è un tasso di adesione ai fondi pensione negoziali che non va oltre il 29,3 per cento. A delineare la situazione sulle pensioni integrative è un position paper che è stato realizzato da “The European House -Ambrosetti” in collaborazione con Fondo Perseo Sirio, fondo pensione negoziale dei lavoratori della Pa e della sanità con più di duecentomila lavoratori aderenti.



“Un rapporto in cui si sottolinea che ipotizzando una quota pari all’86% di adesioni alle forme complementari di pensioni integrative, nel 2050 il “taro di sostituzione” previdenziale anziché scendere al 67,6% si manterrebbe quasi all’80%”, specifica il quotidiano finanziario. Nel paper in questione ci si sofferma in particolare sui fondi negoziali, il cui mancato decollo in Italia va ricercato in alcuni “Punti aperti strutturali e trasversali ai settori pubblico e privato”, che ancora permangono.



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A riguardo si sottolinea la prevalenza del Tfr, il trattamento di fine rapporto, rispetto ai contributi versati da lavoratori e datore di lavoro, ma anche i limitati investimenti in economia reale (il 2,8 per cento del patrimonio per i fondi negoziali), e l’elevato cuneo fiscale, oltre alle risorse limitate che le famiglie riescono a versare come appunto previdenza integrativa. C’è poi un’altra questione aperta che incide sulla vicenda, ed è quella della scarsa educazione finanziaria degli italiani, che stando alle ultime indagini di stampo internazionali, sono all’ultimo posto assoluto fra i Paesi europei e al quart’ultimo fra quelli dell’area Ocse “davanti solo a Paraguay, Yemen e Cambogia”.



Nel position paper vengono quindi elencate una serie di proposte per far crescere l’interesse degli italiani verso i fondi negoziali e le pensioni integrative. Tre sono le vie da intraprendere secondo il rapporto, a cominciare da “facilitazioni per favorire gli investimenti in economia reale dei fondi negoziali”; quindi una revisione dell’attuale normativa per una copertura totale dei dipendenti pubblici, e infine, il lancio di una campagna di comunicazione strutturata e capillare.

PENSIONI INTEGRATIVE, ITALIA INDIETRO RISPETTO A BIG UE: ECCO QUALI RISULTATI SI POSSONO OTTENERE

Se si portassero avanti queste iniziative, come le pensioni integrative, si otterrebbero tre risultati: un incremento del 37 per cento di sottoscrizioni ai fondi pensione negoziali, un aumento del 15 per cento del tasso di sostituzione al 2050 per i dipendenti pubblici, e una crescita del 93 per cento degli investimenti in economia reale. Nel rapporto si segnalano anche i casi di 4 Paesi europei, leggasi Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Spagna. Nella prima nazione è stata creata una pensione complementare a quella pubblica, che è uno schema obbligatorio di previdenza integrativa per i dipendenti della PA.

Nei Paesi Bassi e nel Regno Unito le pensioni complementari sono semi obbligatorie, mentre in Spagna, che è ancora indietro rispetto agli altri Paesi, è stata realizzata nel 2022 una riforma per favorire l’adesione al II pilastro. La speranza è che anche in Italia si possano fare passi avanti in tal senso.