RAPPORTO INPS E PENSIONI. Sala della Regina. Camera dei deputati. L’occasione è la presentazione del nuovo Rapporto Inps. Prima volta del suo nuovo “Presidente”, anche se ancora in pectore, Pasquale Tridico. Occasione importante tanto per conoscere la nuova gestione, quanto per fare il punto sulle novità emerse finora. Se posso essere sincero mi è piaciuto quanto ha dichiarato il professore di Roma 3. Mi è piaciuto non solo perché vi ho ritrovato l’allineamento a quanto da molto tempo, alla pari di Alberto Brambilla, ho avuto occasione di esprimere (e di cui, su queste pagine, ho fatto menzione più di un anno fa), ma anche perché ho trovato sempre un pò pretestuose le affermazioni fatte tanto da Boeri quanto, anche se in misura minore, da Cottarelli.



In verità il primo si è sempre bruscamente opposto, ravvisando nella proposta sindacalmente condivisa (soprattutto dalla Uil di Proietti e Barbagallo) un attacco frontale anziché un sostegno per una migliore gestione. Di converso, e da qui l’apprezzamento, Tridico ha affermato che “l’Istituto deve certamente mantenere la gestione unitaria del bilancio”, ma “una riflessione anche solo di trasparenza contabile è necessaria al fine di rendere edotti cittadini e policy maker sulla divisione reale tra spesa pensionistica e quella assistenziale che non è finanziata con i contributi dei lavoratori ma con la fiscalità generale. Oggi i trasferimenti dello Stato ammontano a circa 110 miliardi a fronte di una spesa totale per prestazioni di circa 318 miliardi”. “La trasparenza – ha sottolineato poi Tridico – è necessaria al fine di evitare allarmismi circa la sostenibilità del nostro sistema pensionistico, che è solido”. 



È questa, la seconda buona notizia, in verità in assoluto, la prima per tutti. E lo è, non solo, ma anche stavolta, soprattutto,  per me che ho questionato con l’Inps per 10 mesi tra il 2018 e il 2019, dopo le cupe proiezioni boeriane su debiti impliciti o meno, pagamenti sostenibili o meno, invecchiamenti, longevità e demografia naturalmente insostenibili nel tempo.

Il resto del Rapporto che potrei sigillare con un fatidico “Tutti i particolari in cronaca” (cioè potete leggerli su qualsiasi altro quotidiano) lo dividerei in tre sezioni. 

1) Curiosità come i “nativi precari e la loro forte incidenza al Sud”, di cui tuttavia non  ho compreso se ci sia o no  match statistico con reddito di cittadinanza.



2) Risultati di bandiera: dal decreto dignità (buon tasso di sostituzione dei contratti) al reddito di cittadinanza (2 milioni circa di individui raggruppati in nuclei familiari, 500 euro medi erogati, target inferiore a quello atteso) e quota 100 (andamento adeguato, 154.000 domande pervenute)

3) Proiezioni: “Sulla base del trend dei primi sei mesi di applicazione”, alla fine dell’anno il numero dei quotisti raggiungerebbe 204.000 unità, “un numero di beneficiari inferiore del 29% a quello che era stato stimato”.