Quando viene varata una Legge di bilancio è sempre utile consultare non solo il testo e la relazione illustrativa, ma soprattutto la relazione tecnica relativa ai profili di carattere finanziario. In questo modo si ottiene un quadro che mette in evidenza le previsioni degli uffici sugli effetti dei provvedimenti che in teoria dovrebbero spiegare e giustificare le coperture sui vari provvedimenti. È un passaggio importante perché, alla fine, la “bollinatura” della norma da parte della Ragioneria Generale dello Stato (indispensabile perché il suo iter prosegua) deve basarsi su di una credibile corrispondenza tra lo stanziamento e la spesa effettiva.



È utile fare degli esempi: supponiamo che una norma faciliti l’esodo pensionistico; nel qual caso occorrerà avere un’idea del numero dei possibili utenti della misura e calcolare il relativo onere. Non è un’operazione facile, ma è a tutti evidente che una notevole discrepanza tra le risorse allocate e le prestazioni erogate determinerebbe, a seconda degli eventuali squilibri, una mancanza di coperture adeguate oppure un eccesso di residui che finirebbero in economia e che sarebbero stati meglio dedicati impiegati in altri settori. Per ovviare a tali inconvenienti il legislatore adotta la tecnica di porre un limite massimo alla risorse, in chiave di sperimentazione, esaurito il quale “si chiude bottega”. Ma un’operazione siffatta non può essere attuata quando vengono in ballo veri e propri diritti soggettivi come le pensioni che entrano nel novero delle spese obbligatorie da finanziare comunque.



Tutto ciò premesso, addentrandosi nella rete dei numeri si arriva anche a comprendere meglio le scelte compiute dal Governo e, se del caso, aggiustate dal Parlamento, limitatamente alle politiche sociali e del lavoro.

Politiche sociali

I principali provvedimenti in materia di pensioni riguardano “Quota 103”, le modifiche apportate a Opzione donna, la ristrutturazione della perequazione automatica, l’incremento del trattamento minimo attraverso un’indicizzazione rafforzata. Senza tornare su quanto stabilito dalle norme ci soffermiamo sulle quantificazioni:

Quota 103 (pensione anticipata flessibile)



anni

Numero pensioni (mgl)

Onere complessivo (mln)

2023

41,1

571,6

2024

29,2

1.182

2025

4,0

405,1

Per quanto riguarda l’adesione all’incentivo del 9,19% per proseguire il lavoro la relazione tecnica si è attenuta a una stima prudenziale di circa 6.500 soggetti.

Opzione donna

In proposito occorre tener presente che l’opzione è venuta a scadenza il 31 dicembre 2022. Pertanto la sua estensione (ancorché fortemente ridimensionata) comporta una spesa:

anni

Numero pensioni (mgl)

effetto complessivo (mln)

2023

2,9

20,8

2024

4,5

57,9

2025

5,1

95,4

2026

4,3

99,6

2027

2,6

75,3

2028

1,3

38,1

2029

0,4

12,4

Nel 2020 pervennero all’Inps 19.970 domande per Opzione Donna, il 17,6% in meno rispetto al 2019; le domande accolte furono 14.510, di cui il 16,5% da lavoratrici del settore pubblico, il 21,4% da lavoratrici autonome e il resto liquidato nelle gestioni del settore privato.

Ape sociale

In proposito, la relazione tecnica afferma che, tenuto conto degli elementi di monitoraggio disponibili per l’applicazione della misura in esame per gli anni precedenti e per il 2022, si stima un accesso per il 2023 di 20.000 soggetti, in parziale crescita rispetto a quanto riscontrato per l’anno 2022 (a sua volta in crescita rispetto agli accessi del 2021). Pertanto da tale proroga deriva la necessità di incrementare la relativa autorizzazione di spesa per gli accessi 2023, derivandone i seguenti maggiori oneri. Conseguentemente, i limiti di spesa sono incrementati in ragione di 64 milioni di euro per l’anno 2023, 220 milioni di euro per l’anno 2024, 235 milioni di euro per l’anno 2025, 175 milioni di euro per l’anno 2026, 100 milioni di euro per l’anno 2027 e 8 milioni di euro per l’anno 2028.

Assegno unico universale

Considerando che il maggior onere relativo ai maggiorenni disabili e ai nuclei con disabili previsto dal decreto-legge 73/2022, riferito ai 10 mesi di vigenza della misura nell’anno 2022, è stato stimato pari a 136,2 milioni di euro, l’onere relativo all’estensione dei benefici suddetti anche per gli anni successivi, sulla base degli incrementi del costo della vita previsti, risulta pari a 175,4 milioni di euro per il 2023, a 185,7 milioni di euro per il 2024 e a 190 milioni di euro nel 2025. Per effetto dell’abolizione del Reddito e della Pensione di cittadinanza, si prevede quindi negli anni successivi una maggiore spesa per l’erogazione dell’Assegno unico universale pari a 708,8 milioni di euro nel 2024, 717,2 milioni di euro nel 2025, 727,9 milioni di euro nel 2026, 732,2 milioni di euro nel 2027, 736,5 milioni di euro nel 2028, 740,8 milioni di euro dal 2029.

Revisione del RdC

La relazione tecnica stima in 404 mila i nuclei interessati su 1.039.000, in base ai dati contenuti negli archivi dell’Inps e in 543 euro l’importo medio mensile dai medesimi percepito (contro un importo medio per la totalità dei nuclei beneficiari pari a 581 euro al mese). Con riguardo all’obbligo per i beneficiari del Rdc di frequentare un corso di formazione o qualificazione di sei mesi e per i comuni di coinvolgere tutti i percettori “occupabili” in progetti di utilità sociale, non sono indicati i relativi costi e i conseguenti maggiori oneri. Sarebbe opportuno, sul punto, avere conferma che l’aumento del tasso di partecipazione a tali corsi e progetti non comporti maggiori spese in capo ai comuni e ai Centri per l’impiego ovvero che le relative attività possano essere svolte con le risorse a bilancio.

Congedo parentale

Viene incrementato dal 30 all’80 per cento l’indennità per congedo parentale, nel limite massimo di un mese da usufruire entro il sesto anno di vita del figlio, per le lavoratrici dipendenti che terminano il periodo di congedo di maternità successivamente al 31 dicembre 2022. La Relazione tecnica stima una platea di beneficiari di 140.400 unità, che sarebbero comunque ricorse all’istituto in questione, e una retribuzione di 1.526 euro mensili; a fini prudenziali la platea è stata ampliata di circa un terzo (45.000 soggetti) in base a un effetto espansione (soggetti che non sarebbero ricorsi al congedo parentale in assenza dell’incremento in esame).

Incremento della pensione minima

Le disposizioni in esame riconoscono per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo Inps, con riferimento al trattamento pensionistico lordo complessivo in pagamento per ciascuna delle mensilità da gennaio 2023 a dicembre 2024, un incremento, limitatamente alle predette mensilità, di 1,5 punti percentuali per l’anno 2023 e di 2,7 punti percentuali per l’anno 2024. La relazione tecnica afferma che la quantificazione è avvenuta sulla base dei seguenti parametri e ipotesi: a) trattamento minimo Inps: 525,38 euro mensili in 2022 (6.829,94 euro su base annua) rideterminato in 2023, in via provvisoria, in 563,73 euro mensili (7.328,49 euro su base annua); b) monte pensioni interessato: stima circa 14 miliardi di euro.

Modifiche alla disciplina delle prestazioni occasionali

In proposito, la Relazione tecnica conferma che la proposta di modifica normativa ha carattere espansivo per quanto concerne l’utilizzo dei contratti di prestazione occasionale (CPO), in quanto rende meno stringenti sia i limiti di importo (da 5.000 a 10.000 euro per gli utilizzatori), sia i limiti di forza lavoro (da 5 a 10 dipendenti) interessati; inoltre, contribuisce all’effetto espansivo della platea interessata l’introduzione di una maggiore flessibilità per il settore agricolo. D’altro canto, secondo la Relazione tecnica, ferma restando la domanda di lavoro, il maggior ricorso ai CPO farà diminuire, verosimilmente, il ricorso a contratti di altra natura (lavoro a tempo determinato, lavoro stagionale). In ogni caso, si avrebbe minor gettito contributivo per assicurazioni compensato dalle minori spese per prestazioni di sostegno al reddito (disoccupazione, cassa integrazione, ecc.).

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