Nell’incontro di ieri sulla manovra di bilancio si è parlato anche dell’articolo 33 che è divenuto un casus belli con alcune categorie del pubblico impiego iscritte per i trattamenti pensionistici alle ex Casse del Tesoro (enti locali, sanitari, maestri elementari, ufficiali giudiziari) confluite nel 1994 nell’Inpdap, poi approdate, oves et boves et omnia pecora campi, nel Super-Inps. Il Governo nel redigere il disegno di legge di bilancio 2024 ha scovato un privilegio che era sfuggito anche a ministri più severi e puntigliosi.
Che cosa stabilisce il contestato articolo< che si beccherà uno sciopero in autonomia da parte delle categorie interessate? “Le quote di pensione a favore degli iscritti alla Cassa per le pensioni ai dipendenti degli Enti locali (CPDEL), alla Cassa per le pensioni dei sanitari (CPS) e alla Cassa per le pensioni agli insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate (CPI), liquidate a decorrere dal 1° gennaio 2024, secondo il sistema retributivo per anzianità inferiori a 15 anni, sono calcolate con l’applicazione dell’aliquota prevista nella tabella di cui all’Allegato II alla presente legge. Per le anzianità superiori a 15 anni seguita a trovare applicazione la tabella di cui all’allegato A della legge n. 965 del 1965″. Gli effetti di questa norma si vedono con un sol colpo d’occhio osservando il grafico.
Grafico – Nuovi e vecchi valori contenuti nella Tabella A (L. n. 965/65 e L.n.16/86)
La finalità della disposizione – è scritto nella Relazione tecnica – è quella di assicurare una proporzionalità fra l’anzianità utile e la percentuale di rendimento pensionistico per le anzianità inferiori ai 15 anni, che con l’introduzione del sistema cosiddetto “misto” a opera della legge n. 335 del 1995 saranno utilizzate anche nei prossimi anni per la valorizzazione delle quote retributive delle pensioni per coloro che al 31 dicembre 1995 possiedono un’anzianità utile inferiore ai 18 anni. I valori contenuti nelle tabelle A delle leggi n. 965/1965 e n. 16/1986, che tra l’altro hanno gli stessi valori fino all’anzianità di quindici anni, partono da un valore in corrispondenza dell’anzianità zero di 23,865%. Il criterio previsto dalla disposizione in esame, invece, garantisce uno sviluppo graduale e proporzionato rispetto all’incremento dell’anzianità utile, calcolato come prodotto fra la percentuale su base annua del 2,5% e il numero di anni posseduti fino all’anzianità di quindici anni, con applicazione proporzionale ai mesi per le frazioni di anno.
In pratica, in queste Casse, è sufficiente avere anche un solo anno (magari col riscatto della laurea limitato a un anno) per avere una pensione maggiorata di quasi il 24%. La differenza prosegue fino a 15 anni di anzianità quando avviene l’allineamento.
A esprimersi in punta di diritto queste categorie non sono vittime di un danno emergente, ma solo di un lucro cessante, perché verrebbe corretta un’incomprensibile clausola di miglior favore che andrebbe a dissolversi nel tempo quando tutti andranno in pensione solo col calcolo contributivo. Le categorie interessate, però, sono insorte: il personale sanitario incrocerà la braccia il 5 dicembre. Va da sé che hanno trovato ovunque solidarietà anche all’interno della maggioranza, dapprima minacciando una fuga in pensione che sembra non esservi stata nelle dimensioni annunciate dalle organizzazioni sindacali. Il che – si diceva – avrebbe messo ancor più in difficoltà il Ssn. Poi si è finiti col sentimento. I medici combattenti a mani nude contro il Covid-19 venivano traditi da quello Stato che si rimangia la parola.
Anche le Confederazioni storiche hanno detto la loro. Anzi tutto lascia ritenere che l’accusa rivolta al Governo di “peggiorare la riforma Fornero” si riferisse proprio a quanto disposto nell’articolo 33. Negli emendamenti presentati dalla Cgil viene richiesta, senza troppe storie, l’abrogazione dell’articolo “con cui si vogliono modificare le aliquote di rendimento per le quote retributive di alcune gestioni previdenziali afferenti ai lavoratori pubblici”.
Il tema è stato oggetto del confronto di ieri. Il Governo è in evidente difficoltà. In proposito, Meloni ha spiegato che il governo sta lavorando “per modificare la misura nel migliore dei modi, garantendo che non ci sia nessuna penalizzazione per chi si ritira con la pensione di vecchiaia e garantendo che non ci sia nessuna penalizzazione per chi raggiunge al 31 dicembre 2023 i requisiti attualmente previsti”. Il presidente del Consiglio ha aggiunto che “si sta valutando un ulteriore meccanismo di tutela in modo da ridurre la penalizzazione all’approssimarsi all’età della pensione di vecchiaia. Faremo del nostro meglio per risolvere e correggere”. A quanto è dato capire le regole resterebbero invariate nel caso del pensionamento di vecchiaia e per chi matura il requisito entro l’anno. Le altre assicurazioni sono troppo vaghe per fare delle ipotesi. Ma un Governo che non riesce a venire a capo delle concessioni balneari e delle licenze dei taxi, difficilmente potrà andare fino in fondo con la corporazione dei medici e altro personale sanitario. Anche in casa propria.
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