Eccoci qua, Governo alla frutta in tutti i sensi. Non solo il Conte 2 è ormai archiviato, ma i danni che ha lasciato sono considerevoli. Facciamo un breve sommario. Alla crisi pandemica, gestita peraltro malissimo con commesse oscure e oscurate (nel senso di contratti secretati), il Governo ha aggiunto la crisi economica provocata non tanto dalle chiusure pianificate, ma dalle continue chiusure a singhiozzo, comunicate all’ultimo minuto, in un clima di incertezza perenne, dopo però aver aggiunto alle imprese spese di ogni tipo (per esempio per la sanificazione o bloccando i licenziamenti o ritardando l’esborso della cassa integrazione, alla quale diverse aziende hanno sopperito di tasca propria per lasciare ai dipendenti il minimo per campare) e contribuendo pochissimo di tasca propria.



Da un punto di vista della finanza pubblica, hanno sprecato l’occasione di raccogliere fiumi di denaro dall’emissione di titoli di Stato, spesso con offerte che arrivavano appena a un decimo della domanda: in altre parole, gli investitori offrivano oltre 100 miliardi e alle aste il ministero del Tesoro guidato dal professore di storia Gualtieri offriva appena titoli per una dozzina di miliardi. Ma ormai, per fare un favore ai predatori dell’Ue, il Governo si era incaponito a chiedere i fondi del Next Generation Eu (ricordiamo il giubilo di Di Maio: “Abbiamo 209 miliardi”, tacendo però che grossa parte sono prestiti privilegiati e che il resto sono soldi che ci mettiamo noi).



Impermeabile a ogni critica e spavaldo nella propria ottusa determinazione, il governo Conte alla fine si è scontrato con una delle tante fazioni irrequiete della compagine governativa, quella meglio organizzata, la pattuglia di deputati e senatori di Matteo Renzi. Voglioso di mettersi in luce e determinato a non arrivare stancamente alla fine della legislatura (dove probabilmente il suo partito Italia Viva sarebbe stato spazzato via dai risultati elettorali, visti i più recenti sondaggi), Matteo Renzi ha giocato la sua mossa e ha posto le basi per una crisi finita in un vicolo cieco.

Nel frattempo però il tempo corre e il Recovery Plan, cioè la collezione di progetti da presentare all’Ue per ottenere che vengano finanziati con i noti 209 miliardi, deve essere completato, firmato e presentato. Però, dopo il passaggio alla Camera e al Senato, i tecnici delle due Camere si sono accorti dell’ennesimo pasticcio: c’è uno sforamento per ulteriori complessivi 35 miliardi. Un errore mica da poco, un errore pari al 16,7% del totale. L’ennesima figuraccia di un Governo di incompetenti.



Occorre comprendere il quadro nel quale si inserisce questa figuraccia: con un Pil in calo dell’8,8% (ed ennesima figuraccia di Gualtieri, che su Twitter ha parlato di “crescita” a fronte di un Pil con il segno meno davanti!) e un deficit ormai al 10% circa (cioè oltre 140 miliardi), l’aggiunta di altri 35 miliardi di deficit rischia di far esplodere il famigerato spread e di attivare tutte quelle clausole per le quali ci negheranno i famosi 209 miliardi, a meno che non si proceda a draconiani tagli, leggasi taglio delle pensioni e patrimoniali sugli immobili. Tanto per affossare l’economia un altro po’. 

Il taglio delle pensioni non è una battuta, ma si sta palesando come una necessità, visto l’allarme lanciato dal Presidente del Civ (Consiglio di Indirizzo e vigilanza dell’Inps) su un buco di 16 miliardi, sul quale tutti danno per scontato un intervento con risorse dello Stato.

Ma questo intervento dello Stato è proprio ciò che l’Ue non permetterà, minacciando di interrompere l’erogazione del 209 miliardi. E il richiamo viene dal commissario per gli Affari Economici Gentiloni, il quale ha ricordato che le condizioni sono le raccomandazioni dell’Ue del 2019, dove si parla di piena applicazione della riforma Fornero (ricordate le lacrimuccie?) e si parla di spostare la pressione fiscale dal lavoro alle rendite “con l’aggiornamento dei valori catastali” (quindi tasse più pesanti sugli immobili, ma che bello!).

E a conferma di tutto ciò, come raccontato dal Sussidiario, c’è il caso della Spagna, dove la “riforma delle pensioni” (di fatto un taglio) è stata spiegata dal ministro con un laconico “lo ha richiesto la Ue, per poter accedere ai fondi Ue che abbiamo richiesto”. Lo hanno fatto in Grecia dopo il 2010, lo stanno facendo in Spagna: volete che non tocchi pure a noi?

Comunque rimango ottimista, il diavolo fa le pentole e non i coperchi. E sto notando nel nostro Paese un gran fermento di associazioni, gruppi e movimenti decisi a vendere cara la pelle. Ne vedremo delle belle.

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