I casi di Covid-19 aumentano sempre più, giorno dopo giorno, in giro per l’Italia, ma ancora una volta, come accaduto nei primi mesi del 2020, la culla del virus resta la Lombardia e nello specifico la città di Milano. Nelle ultime settimane, dati alla mano, i casi di Sars-CoV-2 tra la Regione e la città meneghina si sono decuplicati tanto da far tornare in zona gialla: da 874 di media a oltre 10mila al giorno con picchi anche di 15mila casi di positività. Ma perché questo boom ricorrente nella zona della Lombardia?



Se nelle fasi precedenti della pandemia erano state Lodi, Bergamo e Brescia ad essere gli epicentri della diffusione del virus, oggi si assiste a un cambio di rotta, con passaggio a Lodi, Monza e Milano che più delle altre stanno risentendo dell’arrivo di Omicron sul territorio. Sul perché di questa inversione ci sono diversi interrogativi, come per esempio quelli riguardati le cause del boom e come i vaccini stiano agendo sul territorio. A provare a rispondere a queste domande ci hanno pensato degli esperti, contattati dal Corriere della Sera.



BOOM COVID LOMBARDIA, LA SPIEGAZIONE DI LA VECCHIA E CISLAGHI

Carlo La Vecchia, epidemiologo e docente di Statistica medica alla Statale intervistato dal Corriere della Sera, ha spiegato: “Il paragone più semplice è tra Milano e Londra sono centri con un altissimo livello di connessione internazionale e di fortissimo interscambio nelle aree metropolitane. È logico che l’epidemia arrivi prima qui, non esiste altra spiegazione. L’unico tema da valutare ora è la proporzione di malattia grave che Omicron porterà. L’interpretazione più probabile e che ci dà speranza è che la vaccinazione abbia un impatto molto rilevante nella protezione dalla malattia severa anche con Omicron. Nella primavera scorsa siamo arrivati a circa 30mila ricoveri in Italia, oggi dobbiamo sperare di rimanere sotto i 20mila, e allora potremo dire con certezza che si sia trattato di un’ondata con impatto inferiore”.



Cesare Cislaghi, ex docente di Economia sanitaria all’università Statale di Milano ed ex presidente dell’Associazione italiana di epidemiologia, ha invece sottolineato: “Rispetto al resto d’Italia la Lombardia ha molti più scambi con l’Europa e il resto del mondo. C’è anche da dire che, girando per Milano a ridosso delle festività, sembrava che il virus non esistesse. Negli ultimi giorni, con la chiusura delle scuole è calata l’incidenza nella fascia d’età sotto i 10 anni, ed è invece aumentata molto nella classe 20-29 anni, dunque tra chi probabilmente ha partecipato a molte più situazioni di assembramento”.