Il rapimento di Aldo Moro e la sua morte: il punto sulla non trattativa con i terroristi
Il caso legato al rapimento di Aldo Moro, ovvero quelle che sono unanimamente considerate le 55 giornate che cambiarono l’Italia, tornerà protagonista della prima serata di Rai 1, con il fiction Esterno Notte. In questa puntata, tra gli altri argomenti, si parlerà anche delle ragioni che portarono il mondo politico a scegliere la via della non trattativa con la Brigate Rosse, senza accettare il pagamento del riscatto per la vita di Aldo Moro e portando, infine, alla sua morte, avvenuta il 9 maggio tra quella che sembrava una sorta di indifferenza del mondo politico.
E furono proprio PCI e DC a spingere più di tutti gli altri affinché non si pagasse alcun riscatto per Aldo Moro. Le ragioni in gioco erano parecchie, tra chi credeva che lo stato non si sarebbe dovuto aprire alle trattative con i terroristi e chi, invece, credeva che fosse strettamente necessario fare il possibile per arrivare alla liberazione di un uomo politico decisamente importante in quegli anni. Tuttavia, alla fine si scelse ovviamente per non trattare, gli interessi in gioco erano troppi e si continuò a cercare il covo in cui lo statista era tenuto prigioniero, ricerche che non portarono a nulla di concreto, fino alla giornata del 9 maggio, quando fu tristemente chiaro che non c’era più nulla da fare, l’Italia era cambiata e con lei il mondo politico.
Aldo Moro e il riscatto: perchè non fu pagato? le due fazioni il “partito della fermezza” e “partito della trattativa”
Fin dai primissimi momenti del rapimento di Aldo Moro fu chiaro che ben presto le Brigate Rosse avrebbero chiesto un riscatto per lo statista. Fu il comunicato numero 8 a dare una svolta alla questione del riscatto, con le BR che chiedevano la liberazione di alcuni terroristi in cambio della vita dello statista, e fu anche il momento in cui la politica e la società italiana si divisero in due. Da una parte c’era il “partito della fermezza“, che sosteneva fermamente di non trattare con i terroristi, mentre dall’altra c’era il cosiddetto “partito della trattativa“, aperto a qualsiasi richiesta pur di salvare un uomo di spicco come Aldo Moro.
Particolarmente importante fu la posizione del Papa, che in quel momento era Paolo VI, che lanciò da prima un accorato appello alle BR affinché liberassero Aldo Moro, per poi arrivare anche a raccogliere i soldi per il riscatto. Dall’altra parte, invece, c’era un compatto fronte composto da DC, PSDI, PLI e Partito Repubblicano. Secondo il loro fronte lo stato non sarebbe dovuto scendere a patti con dei terroristi perché avrebbe dato al popolo un segnale di resa nei confronti del “cattivo”, convinti che l’apertura alle trattative avrebbe potuto incentivare altri gesti terroristici simili. Inoltre, il partito della fermezza credeva che legittimando le richieste delle BR si sarebbero legittimate anche le loro pretese politiche, aprendo le strade ad un loro possibile ingresso ufficiale in politica ed in parlamento. Infine, secondo il partito della fermezza trattate avrebbe potuto portare disordini alla coesione sociale, quasi una mancanza di rispetto alle forze dell’ordine che avevano dato la vita fino a quel momento per eliminare la BR e trovare lo statista.
Di contro, dall’altra parte, nel fronte aperto alle trattative per il riscatto di Aldo Moro figuravano anche persone di spicco nella politica italiana, tra i quali il Presidente della Repubblica Giovanni Leone. Lui fin da subito e fino all’ultimo momento si disse pronto a liberare la brigatista Paola Besuschio. Il papa raccolse i soldi per il riscatto, ma poi la trattativa tracollò. Il principale impedimento dietro alle trattative era il Presidente del Consiglio, Giulio Andreotti, ed alla fine prevalse la linea della fermezza. Il 30 aprile 1978 ci fu l’ultima richiesta di riscatto, direttamente per mano di Moretti, che telefonò alla moglie di Moro affinché le facesse pressioni alla DC per accettare il riscatto.