Perché il nostro cervello spesso non riesce a provare felicità? Si tratta di una domanda più attuale che mai in un’epoca come la nostra in cui, nonostante un’abbondanza di risorse e un’aspettativa di vita mai sperimentata dalle generazioni precedenti, 8,4 milioni di persone nella sola Inghilterra assumono farmaci per i disturbi per l’umore, registrando un +18% nella prescrizione di antidepressivi nell’ultimo anno. Ne ha discusso il dottor Anders Hansen, esperto di neuroscienze della felicità, sulle pagine del Daily Mail.



Secondo il dottor Hansen, il nostro cervello è ancora regolato dagli stessi meccanismi dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori preistorici, e per questo non riesce a svolgere un compito apparentemente semplice come farci provare felicità. In altre parole, il cervello umano non è progettato per farci sentire felici. La felicità poteva rappresentare un ostacolo alla sopravvivenza dell’individuo e alla riproduzione della specie, come sostiene l’esperto sentito dal Daily Mail. Infatti, aspettarsi di sentirsi sempre bene è irrealistico come credere che un frutto renda sazi per il resto della vita, senza più avere bisogno di partire per una nuova caccia o un nuovo raccolto. Ma il nostro cervello sembra anche molto abile a sabotare azioni, come l’esercizio fisico, che pur avendo comprovati benefici sembrano essere incompatibili con l’obiettivo finale di sopravvivere.



Il nostro cervello non sa provare felicità e ci preferisce pigri: cosa dice l’esperto

Non solo il nostro cervello non è progettato per la felicità, ma è anche a causa sua se siamo pigri. Come spiega il dottor Anders Hansen, abbiamo ancora in noi il meccanismo ancestrale che vuole risparmiare più energie e calorie possibili prima di dover cacciare o raccogliere il pasto successivo, ed è per questo che il nostro cervello predilige la pigrizia. E, poiché per sopravvivere l’essere umano ha sempre dovuto contare sull’aiuto dei propri simili, ecco anche spiegato il motivo per cui siamo tanto ansiosi all’idea di sentirci esclusi dagli altri. Nell’antichità, infatti, sopravvivere da soli era impossibile, e ancora oggi è dimostrato che la presenza di amici e parenti è capace di rendere la vita più sana ma anche più lunga.



Non solo la la felicità, anche le fobie sono un retaggio del nostro cervello “preistorico”. Hansen prende come esempio la paura di parlare in pubblico, che potrebbe discendere dal timore di esprimere un’opinione tale da essere esclusi dal gruppo e, dunque, di essere condannati a morte o a una vita molto dura. Le fobie discendono dunque da meccanismi di difesa naturale che il nostro cervello mette in atto per proteggerci dai pericoli e perseguire così la nostra sopravvivenza.