Perché si dice Unabomber? La storia del criminale italiano mai identificato – che agì tra il 1994 e il 2006 nel Nord-est del Paese – segue la scia di attentati con ordigni esplosivi artigianali che seminò sangue e terrore negli Stati Uniti tra il 1978 e il 1996, per mano del matematico Theodore Kaczynski poi condannato all’ergastolo dopo aver provocato decine di feriti e la morte di 3 persone con i suoi pacchi bomba.



Il nome Unabomber fu coniato dall’FBI durante le indagini sul lupo solitario che, nella scheda federale dedicata alla storia del bombarolo statunitense, tracca il profilo della sua azione: “Un genio perverso che aspira a essere il perfetto killer anonimo, che costruisce bombe irrintracciabili e le consegna a bersagli casuali, che lascia falsi indizi per depistare le autorità, che vive come un recluso sulle montagne del Montana e non racconta a nessuno i suoi crimini segreti“. Unabomber è il nome in codice in testa al fascicolo dell’inchiesta dell’agenzia investigativa americana e sintetizza gli obiettivi di Kaczynski, università e compagnie aeree, e sta per “University and Airline Bomber“.



Unabomber, cos’ha fatto in Italia: ordigni esplosivi nascosti in oggetti di uso comune, attacchi nel Nord-est

L’Unabomber italiano – mai identificato e, almeno in ipotesi, un emulatore della parabola criminale di Theodore Kaczynski – iniziò a colpire nel 1994 e la scia di attentati con ordigni esplosivi, nascosti in oggetti di uso comune (da scatole di uova a pennarelli) in luoghi pubblici come supermercati e chiese, si concluse nel 2006. Le indagini su Unabomber in Italia non hanno portato alla svolta: ad oggi, l’attentatore misterioso resta tale nonostante una lunga serie di sospetti e sospettati, e una inchiesta riaperta di recente per l’analisi del Dna su alcuni reperti delle scene del crimine e oggetti inesplosi.



Il primo attentato dell’Unabomber italiano avvenne il 21 agosto 1994 alla Sagra degli Osei a Sacile, in provincia di Pordenone, quando l’esplosione di un tubo-bomba, realizzato con polvere da sparo e biglie di acciaio, causò il ferimento di tre persone. Altri tubi-bomba esplosero tra negozi e chiese, poi nelle spiagge. Nel 2000, la strategia del terrore sarebbe cambiata con l’impiego di oggetti di uso comune in cui nascondere gli ordigni. Il primo, una confezione di uova in un supermercato di Portogruaro, inesplosa. Nello stesso esercizio commerciale, una donna fu ferita da un tubetto di pomodoro che le esplose tra le mani. Nel 2001, nel cimitero di Motta di Livenza (Treviso) una bomba in un lumino causò il ferimento di una 63enne. Tra i feriti nelle azioni di Unabomber anche una bimba di 9 anni che, nel 2003, perse la vista a un occhio e tre dita della mano per l’esplosione di un ordigno nascosto in un pennarello tipo evidenziatore. L’ultimo attentato nel 2006 lungo il fiume Livenza.

Le indagini su Unabomber e la riapertura del caso

Molti sospettati, nessun profilo decisivo. Così le indagini sull’Unabomber italiano, diversamente da quanto avvenuto negli Stati Uniti, sono rimaste senza esito. Tra le persone finite nel vortice dell’inchiesta in Italia, l’ingegnere Elvo Zornitta, indagato a lungo e innocente.  Sotto inchiesta, come ricostruisce Sky Tg24, finì poi il poliziotto Ezio Zernar che lavorò all’indagine su di lui, accusato di aver “falsificato” la prova – il lamierino di un ordigno – che avrebbe dovuto inchiodare Zornitta. L’agente fu condannato in via definitiva nel 2014.

Nel 2024, il caso Unabomber è tornato in testa alle cronache con l’ipotesi di una possibile svolta grazie alle nuove analisi che avrebbero permesso di estrarre del Dna potenzialmente utile da alcuni reperti. Frammenti genetici, riporta Ansa, sarebbero emersi dall’esame di materiale pilifero rinvenuto sulla bomboletta di stelle filanti inesplosa a San Vito al Tagliamento e nell’uovo-bomba inesploso al supermercato di Portogruaro (anno 2000). Grazie alle nuove tecnologie, tracce di notevole interesse sarebbero state trovate anche sul nastro isolante usato per chiudere il tubetto di pomodoro che ferì una donna nello stesso negozio e in altri reperti.