PERCHÉ GLI USA PUNTANO ALLA GROENLANDIA
Groenlandia e Panama sono i due prossimi obiettivi di Donald Trump. Il presidente eletto Usa ha rilanciato la proposta di acquisto della grande isola di proprietà della Danimarca e vuole riprendersi l’ambito canale, scatenando una serie di reazioni infuocate in tutto il mondo.
Trump aveva ventilato l’ipotesi di acquistare la Groenlandia in molteplici occasioni durante il suo primo mandato presidenziale. Anche in quelle circostanze la Danimarca fece sapere che la Groenlandia non era in vendita, arrivando a far cancellare un viaggio che Trump aveva programmato nel Paese.
L’ex capo dello staff del Dipartimento della Sicurezza nazionale della prima amministrazione del repubblicano, Miles Taylor, a MSNBC dichiarò che il tycoon chiese a lui e ad altri funzionari Usa di scambiare la Groenlandia con Porto Rico, che “è sporca e ha la gente povera“.
Il tycoon, comunque, non è l’unico presidente a prendere in considerazione tale ipotesi, infatti ciò è accaduto nel 1867 e nel 1946, con Truman che offrì 100 milioni di dollari alla Danimarca, che rifiutò la proposta. Il motivo è sempre lo stesso: ha una posizione geostrategica nell’Artico, è ricca di oro, argento, rame e uranio, inoltre pare nasconda enormi risorse petrolifere, sfruttate però poco per carenza di infrastrutture e timori a livello ambientale. La Cina, invece, ha optato per una strategia diversa, offrendo piani di investimento nell’isola.
COSA C’È DIETRO IL CASO PANAMA
Per quanto riguarda il Canale di Panama, Trump ha minacciato di appropriarsene per le tariffe “esorbitanti” che impone. Il canale collega gli oceani Atlantico e Pacifico, consentendo ai viaggiatori di evitare di dover percorrere 13 mila chilometri. Al 30 settembre, quasi 10 mila navi lo hanno attraversato, trasportando 423 milioni di tonnellate tra cibo, minerali e prodotti industriali. Gli Usa sono il principale cliente con circa tre quarti del carico che vi transita ogni anno, invece la Cina è il secondo cliente.
Il governo di Panama lo possiede e gestisce tramite un’agenzia ad hoc, la Panama Canal Authority, da 25 anni. Fu però costruito dagli Usa nel XX secolo, dopo che aiutarono Panama a ottenere l’indipendenza dalla Colombia, e fu aperto nel 1914, rivoluzionando il trasporto marittimo mondiale. Negli anni ’50 ci furono tensioni tra la popolazione locale e i visitatori statunitensi tali che le autorità costruirono un muro tra Panama City e la zona del canale, nel ’77 si arrivò a due trattati per il superamento graduale del controllo americano sul canale. Dopo una fase di amministrazione congiunta, caratterizzata anche da un’invasione americana, Panama ha assunto il pieno controllo del canale nel 1999.
Ora il presidente eletto Usa minaccia di riappropriarsene: “Le tariffe applicate da Panama sono ridicole“. Il presidente eletto usa ha parlato di una “fregatura” che risolverà il prima possibile. Inoltre, non vuole che cada nelle “mani sbagliate“: il riferimento è alla Cina che sta incrementando la sua influenza su di esso. Infatti, una società cinese con sede a Hong Kong controlla due dei 5 porti adiacenti al canale. “Ogni metro quadrato del Canale di Panama e delle zone adiacenti è parte di Panama e continuerà ad esserlo“, hanno fatto già sapere da Panama.