IL CASO INDI GREGORY E LA POSIZIONE DELLA COMMISSIONE CEI PER LA SALUTE: “NON È ACCANIMENTO TERAPEUTICO”

Lo dicevano giusto pochi giorni fa i vescovi italiani nel messaggio per la Giornata per la Vita: il caso di Indi Gregory preoccupa per quell’insistere sulla cultura avversa alla vita, dimenticando che ogni esistenza «è dono». Parlando con il vaticanista Fabio Marchese Rafona su “il Giornale”, il vescovo di Caltagirone mons. Calogero Peri sottolinea l’importanza di una vicenda come quella della piccola bimba inglese cui ieri sono stati avviati gli iter di spegnimento dei macchinari salva-vita: per il membro della Commissione CEI per la Salute, sul caso caso Indi Gregory l’umanità rischia il fallimento.



«Se possiamo tutelare la vita lo dobbiamo fare. Non possiamo essere noi a procurare la fine di un’esistenza, qualsiasi essa sia. Se c’è anche la minima possibilità di tenere la bambina in vita, seppur con degli ausili per la respirazione, dovremmo andare avanti»: secondo il vescovo non deve essere l’uomo a decidere quanto interrompere una vita, «di fronte alla vita dovremmo aver rispetto e stare in punta di piedi. Quando si ragiona solo in termini di tempo e durata viene meno ogni umanità». Certo è vero che esiste sempre una dignità anche nel morire, tant’è che la Chiesa da anni ormai si appella affinché crescano le cure palliative atte ad accompagnare alla morte, ma nel caso della bimba inglese c’è un’altro ospedale (il Bambino Gesù di Roma, ndr) d’eccellenza che dice invece “io ci credo”.



MONS. PERI: “VICINANZA DEL PAPA A INDI GREGORY MA SI VA VERSO LA SCONFITTA DELL’UMANITÀ”

Mons. Peri si interroga sul perché la corte inglese abbia deciso di non andare più avanti nell’assistere Indi Gregory: «Nel caso di questa bambina non si tratta di accanimento terapeutico, parliamo di un ausilio che le permette di vivere. Anche chi fa la dialisi, ad esempio, senza macchine non riuscirebbe a vivere. E allora che facciamo, stacchiamo?». L’ospedale, secondo il vescovo di Caltagirone, non è un parcheggio eppure nonostante le condizioni di Indy siano gravissime, «non significa che debba essere scartata e buttata via: la vita non vale soltanto per chi è efficiente, altrimenti saremmo tutti perfetti al mondo! Le vite menomate, indebolite non hanno meno valore».



In attesa di capire se potrà intervenire in extremis una decisione politica a smuovere la sentenza sul caso Gregory, la Chiesa si impegna ad accompagnare e pregare per la famiglia della piccola Indy: «la vita è sempre in pericolo ma se il criterio non è dato dalla vita stessa ma viene dato da altri, allora diventa un esercizio di potere che non ci possiamo arrogare, nel rispetto della vita stessa». Da Charlie Gard fino a Indi Gregory, il rapporto tra eutanasia e vita dei piccolissimi torna purtroppo di stretta attualità: per mons. Peri l’umanità non deve puntare sulla “durata” della vita ma ricordarsi sempre di rimanere al servizio di tutti, valorizzando qualsiasi esistenza in quanto esistenza. Le parole di Papa Francesco in vicinanza e preghiera della famiglia Gregory è un bel gesto, conclude il vescovo, ma è difficile che possa “smuovere” le acque: «Se le cose andranno come tutti pensano, sarà l’ennesima sconfitta dell’umanità. Il tempo che viene decurtato perché qualcun altro decide: è assurdo, rendiamocene conto! È una situazione in cui qualcun altro decide che vivere altri giorni in più non è opportuno o consigliabile. La vita non è questa, l’uomo non può comportarsi così, altrimenti non è più un uomo».