Per oltre tre anni ha fatto chiamate mute o pernacchie al telefono nel cuore della notte, contattando sempre la medesima utenza. Questa è la ragione per cui una donna è stata condannata al risarcimento dei tre membri della famiglia presa di mira con oltre 41mila euro, nei quali ha generato uno stato di ansia e depressione certificato da documenti medici. La condanna in primo grado a un anno di pena era arrivata nel 2015, poi, poco prima di Natale, è giunta anche la condanna in sede civile.



I fatti risalgono al periodo tra febbraio 2006 e settembre 2009 e soltanto ora la giudice onoraria Carmen Michelotti, della decima sezione civile del tribunale, ha quantificato in maniera definitiva l’entità del danno. Basandosi meramente sui tabulati telefonici, dunque in maniera piuttosto agevole, la stalker che si produceva in pernacchie al telefono è stata identificata in una vicina di casa ed ex collega negli uffici comunali milanesi della signora che aveva presentato denuncia, insieme a marito e figlia. La molestatrice, nell’interrogatorio – si legge su “La Repubblica” – ha dichiarato: “Avevo un’antipatia per lei, nata da piccole incomprensioni lavorative. Avendo il suo numero di casa, ho iniziato a fare telefonate anonime, sia di giorno che di notte, riattaccando dopo che alzavano la cornetta. Con l’andare del tempo ho fatto anche delle pernacchie”.



PERNACCHIE AL TELEFONO NEL CUORE DELLA NOTTE E CHIAMATE MUTE: STALKER CONDANNATA

Come scrive il quotidiano, le sentenze, imperniate anche su consulenza tecnica, giunsero a decretare che “ognuna delle parti attrici ha subìto lesioni personali”, soprattutto “un disturbo dell’adattamento con forte ansia e umore depresso, deflessione timica e insonnia, mediante il continuo e perdurante disturbo con il mezzo del telefono, soprattutto nelle ore notturne, protratto dal febbraio 2006 al settembre 2009″. L’avvocato Brigida, che assiste la famiglia destinataria delle telefonate, ha evidenziato la soddisfazione della famiglia, anche se questa rimane scossa da quei tre anni assurdi: “Soprattutto la figlia della coppia è ancora particolarmente provata – ha dichiarato –. È significativo che anche i giudici abbiano riconosciuto che ci sono lesioni di natura psichica”.



L’autrice delle pernacchie al telefono, asserendo di non essersi accorta della gravità del suo comportamento e rimarcando che le vittime avrebbero potuto staccare la linea telefonica, si è sentita rispondere dal giudice: “Non si ritiene di condividere l’assunto secondo cui gli odierni attori avrebbero contribuito ad aggravare il proprio disagio psichico non staccando la spina della linea telefonica, avendo essi diritto di poter usufruire della linea telefonica, per la quale hanno contratto di utenza, durante tutto l’intero arco del giorno, notte compresa”.