Tra le nuove regole UE è stato introdotto il divieto della pesca a strascico, che andrà abolita entro il 2030. Già questo piano rischia di mettere fuori gioco gran parte della pesca italiana e con essa le migliori produzioni dei nostri mari . Ma non è tutto. A Bruxelles si starebbe pensando all’introduzione di nuove aree marine protette, la costruzione di nuovi parchi eolici offshore e nuovi limiti per la pesca in profondità. Se tutto ciò dovesse andare in porto per il settore rappresenterà un danno enorme. Come si apprende dal Sole 24 ore già si parla infatti di un buon 70% del Mediterraneo che sarà costretto a fermarsi, con le gravi conseguenze anche dei posti di lavoro che interessato 12mila pescherecci.
L’allarme è stato lanciato dalla Flai, il sindacato agroindustriale che fa capo alla Cgil. Dalla nuova mappatura delle aree di pesca marittima presentata ieri a Roma dalla sigla sindacale sulla base delle nuove regole UE emerge infatti un quadro preoccupante. Se da un lato l’intento dei provvedimenti è lodevole e mira ad aumentare la sostenibilità ambientale garantendo la conservazione dell’habitat marino e il suo ripopolamento, dall’altro lato le eccessive restrizioni rischierebbero di diventare un boomerang contro un settore già martoriato, che negli ultimi dieci anni ha perso il 20% della flotta, ha visto diminuire il volume del pescato del 16% e oggi riesce a garantire all’Italia solo il 27% di tutto il pesce che consuma .
PESCA, LA DENUNCIA DI FLAI-CGIL: PER SARDEGNA, PUGLIA E SICILIA RIDUZIONE DEL 50%
Le aree in cui il settore della pesca verrebbe maggiormente messo in ginocchio sono Sardegna, Puglia e Sicilia. Il caso più clamoroso sarebbe quello di Lampedusa, un’isola che vive sostanzialmente di pesca, dove non si potrebbe più pescare da nessuna parte: entro le 12 miglia dalla coste no, perché è area marina dove l’Europa vuole bloccare la pesca a strascico; e oltre le 12 miglia marine nemmeno, perché secondo la riforma delle Zone economiche esclusive lì finirebbe l’area di pesca italiana.
“Noi siamo favorevoli alla salvaguardia delle specie marine e al loro ripopolamento, ma se pescare in meno del 30% del mare ha come unico risultato quello di veder migliorate, e solo in parte, le condizioni di vita di una decina di specie soltanto, allora vuol dire che questa non è la strada giusta da percorrere”. Questo è quanto ha spiegato Antonio Pucillo, capo dipartimento pesca della Flai-Cgil. In merito poi alle richieste di costruzione dei parchi eolici, Pucillo ha poi sottolineato: “Secondo le previsioni europee l’impatto di questi megaimpianti non coinvolge più del 3% dei mari del continente. Ma in Italia i parchi offshore sono tutti concentrati tra la Sardegna, la Sicilia e la Puglia, con il risultato che in queste regioni si rischia una riduzione della pesca anche del 50%.” Ed infine lo studio della possibilità di impedire la pesca a profondità comprese tra 600 e 800 metri, contro gli attuali 1000. Tutti questi provvedimenti necessitano, come fa sapere sempre Flai-Cgil, di una valutazione che contemperi non solo gli aspetti ambientali ma anche quelli socio-economici, perchè altrimenti gli spazi da poter dedicare alla pesca sarebbero troppo pochi. Ora la palla passa al sottosegretario all’Agricoltura, Patrizio La Pietra, che si è impegnato a portare il dossier della Flai-Cgil sul tavoli della prossima riunione ministeriale.