Presto potremmo mangiare pesce sintetico nei sushi e nei bastoncini. Il pesce creato in provetta si sta diffondendo a partire dalla Germania e dagli Stati Uniti ma, secondo Coldiretti, ben 7 italiani su 10 non si fidano di questo prodotto. Questo risultato e la discussione su questo tema sono stati affrontati durante l’incontro al meeting di Rimini su ‘La crisi alimentare globale: la persona al centro’.



Coldiretti spiega che in Germania il pesce sintetico viene ricreato dall’azienda Bluu Seafood a partire da cellule coltivate e arricchite di proteine vegetali e lo definisce un “business non indifferente”. I dati infatti mostrano che “a livello globale ogni persona consuma oltre 20 chili di pesce vero all’anno, mentre gli italiani ne mangiano circa 28 chili pro capite, sopra la media europea che è di 25 kg”. Ma questa tendenza supera i confini del vecchio continente: secondo Coldiretti, la statunitense Nomad Foods – proprietaria anche del marchio Findus Italia – studierà in sinergia con la start-up californiana BlueNalu ”il lancio di pesce da colture cellulari, mentre la Wildtype di San Francisco ha raccolto capitali per 100 milioni di dollari per sviluppare un sushi da salmone coltivato in laboratorio” da distribuire tramite “Snowfox, che gestisce una catena di sushi bar con 1.230 punti vendita negli Stati Uniti, e con Pokéworks, che gestisce 65 ristoranti di poke, mentre in Corea del Sud la CellMeat sta lavorando sui gamberetti in provetta”.



Pesce sintetico sviluppato in vitro: “non salva gli animali nè l’ambiente”

Il pesce sintetico in provetta è stato definito da Coldiretti una “deriva alimentare” durante il meeting di Rimini. L’associazione parla anche di “campagne di marketing che tendono a nascondere i colossali interessi commerciali e speculativi in ballo per esaltare invece il mito della maggior sostenibilità rispetto alle tradizionali attività di allevamento e pesca”. Infatti, secondo Coldiretti tutto ha avuto inizio dalla carne sintetica che, però, “non salva gli animali perché viene fabbricata sfruttando i feti delle mucche, non salva l’ambiente perché consuma più acqua ed energia di molti allevamenti tradizionali, non aiuta la salute perché non c’è garanzia che i prodotti chimici usati siano sicuri per il consumo alimentare, non è accessibile a tutti poiché per farla serve un bioreattore”.



Un’analisi condotta da Coldiretti e dall’istituto Ixé mostra una spiccata diffidenza degli italiani per questo tipo di prodotti. Il 60% ha infatti dubbi sulla sicurezza per la salute, il 42% per il sapore e il 18% per l’impatto sulla natura. “Siamo pronti a dare battaglia poiché quello del cibo Frankenstein è un futuro da cui non ci faremo mangiare” è l’affermazione di Ettore Prandini, presidente di Coldiretti.