Otto Bitjoka, imprenditore italo-camerunense che ha originato nel 2018 Ucai Onlus, l’Unione delle comunità africane che si occupa anche di integrazione degli afrodiscendenti, ha commentato sulle colonne del quotidiano “Avvenire” le violenze e gli abusi commessi da ragazzi di seconda generazione a Peschiera del Garda e sul treno di ritorno a Milano. Non ha peraltro usato mezzi termini nell’esternare il proprio giudizio: “Abbiamo sbagliato tutti, noi genitori immigrati di prima generazione come gli italiani. Premetto che la violenza va condannata sempre e che ci può stare una chiave di lettura che identifica la causa nel rifiuto dell’integrazione e dell’Italia”.
Ma perché questo rifiuto? “Secondo me i ragazzi nati in Italia o arrivati da piccoli e che sono ancora senza cittadinanza, il rifiuto lo vivono sulla loro pelle e questo non li porta a riflettere sulle conseguenze delle loro azioni. Nessuno ricorda più i terroristi islamisti che mettevano le bombe in Gran Bretagna e Francia. Erano tutti di seconda generazione, ma odiavano il loro Paese perché non li riconosceva”. Secondo Otto Bitjoka, molti migranti hanno “preso il peggio del comportamento degli italiani” e “quando si sentono scartati, scatta la rabbia”.
OTTO BITJOKA: “LA SCUOLA DOVREBBE ESSERE UN PO’ MENO SENTIMENTALE”
Sempre sulle colonne di “Avvenire”, Otto Bitjoka ha messo in evidenza il fatto che la rabbia dei migranti di cui parlava sopra è trasversale e “ci sono anche rampolli di buona famiglia nei guai con la giustizia. Spesso non si accorgono dei rischi che corrono, ma sono figli della nostra nazione. Dobbiamo cercare di risolvere il malessere senza pietismi e paternalismi”.
In tutto questo, la scuola ha un ruolo ovviamente importante, ma “dovrebbe essere un po’ meno sentimentale. Come l’intelligenza non dipende dal colore della pelle, anche la valutazione deve essere più neutra. Chi non studia non va giustificato, altrimenti si sente legittimato a piangersi addosso. Non è educativo. Invece il problema dell’abbandono scolastico è serio, perché spesso le famiglie latitano. A mio parere servono assistenti sociali più preparati davanti ai fenomeni di devianza. Serve un ripensamento generale, perché la società è cambiata in fretta e occorre più formazione a tutti i livelli sui fenomeni migratori. Dobbiamo fare tutti un passo avanti”.