Un piccolissimo borgo che rinasce grazie soprattutto all’impulso del turismo dall’estero e alla valorizzazione del patrimonio locale di tradizioni e delle bellezze naturali, anche per combattere l’annoso problema di molte località del Meridione italiano ovvero lo spopolamento e l’innalzamento dell’età media dei (pochi) abitanti che decidono di restare, o vi sono costretti: stiamo parlando di Pescopennataro, minuscolo centro della provincia di Isernia in Molise che da qualche tempo non solo ha cominciato pian piano a rinascere entrando pure nel prestigioso circuito dei cosiddetti “Borghi Autentici d’Italia” e facendo scoprire a tutto il mondo il suo tesoro, vale a dire i boschi circostanti di abeti bianchi e che è valso proprio a Pescopennataro, oltre al nomignolo di Paese della pietra, anche quello di Borgo degli abeti. Andiamo quindi a scoprire di seguito la storia di questo paesino molisano che domina dalla cima di una montagna la Valle del Sangro (al confine con l’Abruzzo) è in che modo è riuscito a rinascere, a differenza di tanti altri piccoli centri del Sud che però in futuro potrebbero magari prendere ad esempio questa sua paradigmatica vicenda.



PESCOPENNATARO, IL PICCOLO BORGO “RINATO” IN MOLISE

Pescopennataro è un minuscolo borgo di poco più di 200 abitanti che sorge a circa 1200 metri di altezza su livello del mare in provincia di Isernia e le cui prime tracce nella storia risalgono attorno alla fine del quinto secolo dopo Cristo (571) quando sarebbe stato fondato dai Longobardi, per poi passare successivamente sotto altre dominazioni: originariamente chiamato Castrum Peschi Pignatari (ossia “la fortezza che spunta dal terreno” con riferimento al “pesculum”, cioè la roccia acuminata, e agli alberi di conifere di cui sopra) dal 1028 divenne prima Pesclo Pignatario per poi assumere l’attuale nome. Passando all’epoca recente tre gravi eventi segnarono il destino di questo comune molisano: prima il sisma del 1805 che colpì il Matese, poi un evento luttuoso che portò alla morte di diverse persone per tifo a causa dell’avvelenamento di acqua potabile e infine la parziale distruzione del centro abitato nel 1943 da un incendio appiccato dai soldati nazisti durante quella ritirata che lasciò una scia di morte e macerie alle loro spalle; per fortuna inseguito la bella Chiesa Madre venne restaurata e la vita del borgo proseguì fino ai giorni nostri anche se il numero di abitanti continuò a diminuire e allontanandosi dai picchi delle 1500 unità di inizio secolo. Ma negli ultimi anni ecco la rinascita, nonostante la maggior parte dei residenti sia ultracinquantenne grazie a qualche giovane intraprendente che ha aperto delle attività, alla valorizzazione delle tradizioni del luogo, al patrimonio di abeti bianchi e pure alla bellezza del entro abitato che un tempo contava addirittura dodici chiese (tantissime per un borgo così piccolo, anche se oggi ne rimangono solo alcune).



IL COMUNE DEGLI ABETI E LE ALTRE BELLEZZE DEL LUOGO

A Pescopennataro, antica città fortificata, restano ancora le tracce di questo passato grazie alla “Porta di sopra”, una porta medievale arcuata che conduce alla Chiesa Madre del paese che è anche la prima costruita in assoluto (inizi del XVII secolo), e una delle più belle assieme a quella dedicata a San Bartolomeo Apostolo e quella alla Madonna delle Grazie. Ricordata anche la fontana di Piazza del Popolo e il suggestivo Belvedere del Guerriero Sannita (dove prima c’era una statua bronzea su uno sperone di roccia), una delle attrazioni locali però è il Museo della Pietra “Chiara Marinelli” dove è custodita una collezione unica di ritrovamenti preistorici provenienti da tutta la regione e dovuta anche alla tradizione pescolana della lavorazione affidata ad artigiani scalpellini, ma anche l’Eremo di San Luca, situato nel bosco e ricavato in una grotta calcarea nei pressi di Sant’Angelo del Pesco. Come accennato, Pescopennataro non è solo il borgo della pietra ma pure degli abeti bianchi (specie purtroppo diventata rarissima sull’Appennino italiano e dunque di alto valore naturalistico), senza dimenticare pure i boschi di abete rosso, le faggete e le cerrete attraverso le quali si snodano percorsi adatti agli amanti del trekking o dell’escursionismo senza dimenticare le possibilità di praticare pure l’arrampicata sportiva e l’alpinismo. Infine va ricordato che il paesino è sede del Parco di Pinocchio, ovvero un sentiero allestito nel Bosco del Barone con sculture ispirate al libro di Caro Collodi e realizzate da artisti di ogni angolo d’Italia, ma anche che sono diversi gli eventi folkloristici ed enogastronomici celebrati nel corso dell’anno come le celebrazioni di Sant’Antonio Abate in programma il prossimo 16 gennaio e che prevedono l’accensione di un falò nella succitata Piazza del Popolo.

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