La buona notizia è che non ci sono pericoli per la salute dell’uomo. La cattiva notizia è che la progressiva espansione della Peste Suina Africana rischia di mettere in seria difficoltà l’intera filiera della produzione di carni e salumi. A lanciare l’allarme è Assica, l’Associazione Industriali del settore aderente a Confindustria, che in una nota esprime la propria apprensione per gli sviluppi del contagio: “Le recenti notizie di una ulteriore diffusione della PSA che ha spinto i contagi tra i cinghiali selvatici fin dentro la Lombardia, impensieriscono non poco – afferma Assica -. La preoccupazione è tutta per la tenuta della filiera, dalla produzione primaria alla trasformazione fino all’export”. Tradotto in soldoni, significa che è a rischio un comparto capace di sviluppare un fatturato alla produzione di oltre 8,5 miliardi di euro di cui circa 2 miliardi derivante dalle esportazioni, senza considerare il valore prodotto dall’indotto.



“Se la malattia si diffondesse con ulteriori casi in zone più vicine ai numerosi allevamenti della Food Valley italiana (Lombardia, Emilia, Piemonte e Veneto) – continua Assica -, milioni di suini sani destinati principalmente alla produzione dei prosciutti Dop di Parma e San Daniele dovrebbero essere prematuramente abbattuti, con danni permanenti ulteriori alla filiera della salumeria nazionale e in particolare alle produzioni Dop dei salumi, che potrebbe essere pesantemente compromessa a seconda del numero di allevamenti e dunque di capi coinvolti dall’area definita infetta”. Ma non solo. “Anche l’export dei prodotti di altre aree del Paese – continua Assica – verrebbe ancora di più penalizzato: dopo la chiusura da parte della maggior parte dei Paesi orientali Extra Ue all’intera produzione italiana, che costa alle nostre imprese 20 milioni di euro al mese da gennaio 2022, chiuderebbero alle esportazioni dalle aree colpite anche i Paesi che applicano il principio di zonizzazione”.



Per rispondere al problema non è in verità mancata la messa a punto di piani di azione ad hoc. Il problema – lamenta Assica – è però che spesso questi piani hanno incontrato il limite delle risorse a disposizione. “Ogni iniziativa di contrasto alla PSA è sicuramente d’aiuto e dimostra la buona volontà delle istituzioni, ma serve un cambio di passo. – afferma Pietro D’Angeli, Presidente di Assica -. È irrinunciabile agire subito, non è possibile attendere oltre: lo chiedono le oltre 200 imprese della trasformazione e della macellazione delle carni suine e i loro quasi 30.000 addetti che sentono fortemente minacciata la resilienza della filiera di cui fanno parte e a cui contribuiscono con la loro specifica capacità ed esperienza. Sappiamo che il vero nodo sono le risorse economiche con cui poter realizzare gli interventi che tutti riconosciamo come unici efficaci ad attuare un’azione decisa di contenimento, prevenzione ed eradicazione: posa di recinzioni contenitive e di protezione, abbattimenti organizzati, pianificati e sistematici sotto un’unica regia nazionale. Per questo rivolgiamo un appello accorato al presidente del Consiglio Giorgia Meloni e al ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti affinché si possano rendere prontamente disponibili almeno 50 milioni di euro per realizzare quanto sopra”.



Ma non solo. È infatti necessario un cambio di passo anche sul piano del coordinamento delle attività affidato al Commissario Straordinario. “Finora – dice D’Angeli – il Commissario ha operato in piena cooperazione con le Regioni e nel rispetto delle prerogative di ciascuna, ma ci sentiamo di suggerire a tutti gli interlocutori istituzionali di provare a meglio concentrare sforzi e risorse su pochi interventi comuni coordinati a livello nazionale, nel tentativo di attuare un’azione di eradicazione d’impatto. La situazione è ancora sotto controllo, ma rischia di precipitare in un’emergenza nazionale senza precedenti per la filiera. A fronte dunque di una situazione straordinaria sentiamo il bisogno che si ricorra a soluzioni straordinarie, rapide e certe, prendendo in considerazione anche l’impiego di esperti militari sul territorio laddove necessario per garantire rapidità ed efficacia di intervento”. Occorre del resto tenere presente che “scelte sbagliate o intempestive porterebbero danni irreparabili all’intera filiera produttiva”, avverte D’Angeli.

E da qui la conclusione: “Risulta evidente – osserva D’Angeli – come un investimento di poche decine di milioni di euro sia strategico per la tenuta di un’intera filiera di produzione da miliardi di euro di valore e decine di migliaia di posti di lavoro: se si ritiene difficile in questa fase individuare le risorse necessarie, i numeri sopra esposti illustrano plasticamente come sarebbe ancora più difficile trovare i fondi per indennizzare le aziende colpite da un’avanzata ulteriore della PSA”.

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