L’Italia, dati alla mano, sembra aver fatto bene i compiti a casa. Ma Bruxelles rilancia, alzando l’asticella. E suscitando non poche perplessità sull’indirizzo intrapreso. È questa l’istantanea di quanto sta accadendo in Europa sul tema, diventato spinoso, dei pesticidi.

Partiamo dalle buone notizie che riguardano il nostro Paese: secondo l’aggiornamento annuale sugli obiettivi di riduzione dei pesticidi relativo al 2021, l’Italia ha diminuito l’uso di pesticidi del 43% rispetto al triennio 2015-17, periodo di riferimento per il target Ue di dimezzamento delle sostanze chimiche entro il 2030. Il che significa aver fatto nettamente meglio della media comunitaria che si assesta al -33%. E significa anche che il Bel Paese è sulla strada giusta per tentare di raggiungere l’obiettivo di riduzione del 50% dell’uso e del rischio di pesticidi chimici e più pericolosi entro la fine del decennio, indicato da Bruxelles.



Un obiettivo che la Commissione ha confermato solo qualche giorno fa, ritenendo che la limitazione dei pesticidi contenuta nella proposta di Regolamento sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari “non minaccia la sicurezza alimentare”. Ovvero, non avrà conseguenze importanti sulla capacità produttiva dell’agricoltura europea. In buona sostanza – è la tesi dell’Ue -, anche si dimezzerà l’uso di pesticidi e dunque si potrebbero esporre maggiormente i campi all’aggressione di parassiti e altri agenti patogeni, i quantitativi di frutta, ortaggi e cereali coltivati nell’Unione non dovrebbero soffrire, continuando a soddisfare la domanda.



Un punto tutt’altro che scontato, almeno a giudicare dalla accorata reazione di Coldiretti: “La Commissione – si legge in una nota ufficiale – sostiene che la proposta di riduzione non porterebbe alcuna minaccia alla sicurezza alimentare, intesa come disponibilità di cibo, nonostante tutti gli studi realizzati persino da concorrente commerciali come gli americani, dicano il contrario. Ma soprattutto esprime il concetto per cui alcune produzioni sarebbero più sacrificabili di altre in quanto ritenute ‘meno importanti'”. Bruxelles infatti precisa che “i maggiori impatti sulla resa si verificano in colture che hanno una rilevanza limitata per la sicurezza alimentare e dei mangimi, come l’uva, il luppolo e i pomodori'”. Ovvero, alimenti cardine della nostra dieta mediterranea. “Si tratta di una vera assurdità – tuona Coldiretti – se si pensa che il pomodoro è l’ortaggio più consumato in Europa e l’uva, sia da tavola che trasformata è una produzione di cui l’Europa detiene il primato mondiale. Senza contare che l’Italia, che è il principale produttore mondiale di vino e il primo produttore di derivati di pomodoro in Europa, sarebbe il Paese più danneggiato da una politica europea folle e lontana dalle realtà delle imprese e dei consumatori”.



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