Da qualche giorno esiste in Italia una petizione online per fermare Squid Game. La raccolta firme, promossa dalla Fondazione Onlus dedicata a Carolina Picchio, è lanciata su Change.org ed è diretta alla Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza.
L’enorme successo della serie Squid Game, sebbene ancora non doppiata in italiano, è virale anche tra i bambini nonostante il divieto ai minori di 14 anni segnalato da Netflix. Se ne sono accorti subito molti insegnanti e genitori che hanno visto i loro bimbi ripetere a scuola e nelle festicciole casalinghe le gesta dei protagonisti della fiction. Personalmente credo che la critica mossa al capitalismo dal capolavoro sudcoreano sia di straordinaria efficacia, ma certamente non può in alcun modo essere decifrata da chi non è adulto. E qui viene la domanda: è possibile oggi per dei genitori proibire ai propri figli di guardare certi spettacoli?
Molti credono che la risposta sia inevitabilmente negativa e quindi giungono immediatamente alla conclusione di lasciare fare rimandando a un improbabile dialogo la soluzione del problema. Certo, piuttosto che lasciare i ragazzini soli di fronte a trasmissioni più grandi di loro è meglio affrontare le cose insieme, ma, mi chiedo, perché si arriva tanto rapidamente a dire che è impossibile dire un no? Netflix è a pagamento, dunque chi non spende non guarda. Tutti i canali a pagamento richiedono appunto il versamento di denaro da parte di un adulto, perché dire sempre di sì? “Perché lo hanno tutti gli amici”, si risponde. È davvero una risposta fondata questa? Se il genitore dice no a quella serie il ragazzo, si replica, la vedrà di nascosto con gli amici: è vero, certo, ma questo vale per ogni “no” genitoriale. Ogni divieto può avere come risposta la trasgressione: ma, appunto, di trasgressione si tratta e il minore lo sa. Proprio questo è il punto educativo. Sapere di adottare un comportamento proibito è importantissimo per il dialogo interiore che fa di ogni bambino un adulto. Nessuno di noi ha obbedito sempre in tutto ai genitori e a volte è perfino stato giusto disobbedire. Ma, proprio per formare se stessi, è importantissimo per i figli scontrarsi anche con norme e leggi.
Mi rimane il dubbio che la frettolosa rinuncia ai propri doveri da parte di non pochi adulti significhi semplicemente avere davanti non “adulti” ma solo persone “grandi d’età” e, quanto meno, fragili. Fare i genitori oggi è difficilissimo perché la società non educa, ma questo non deroga dall’impegno: significa solo che il dovere di essere veri adulti responsabili è solo cresciuto. Non è detto che a insegnamenti buoni corrispondano sempre risultati buoni, ma la parte del genitore va fatta. I ragazzi devono sapere quale forma ha l’insegnamento che è stato dato loro: devono sentire sulle loro spalle il peso di una norma. Poi potranno decidere. Anzi, potranno decidere proprio grazie a quei no. Per potersi allontanarsi dalle regole con le quali sono stati cresciuti devono sapere dove si trova la casa, il luogo, il porto, che conteneva regole e valori.
È vero. Non basta dire un no. Ci vuole un tempo di dialogo, di vicinanza, di sacrificio che è difficilissimo trovare. Ma è indispensabile farlo. Squid Game mette alle spalle al muro gli adulti di oggi e li obbliga, con la sua cruda violenza, a ritrovare il coraggio di dire dei “no” netti, anche se si tratta della serie TV del momento giudicata da tutti “irrinunciabile”. Per chi vuole essere genitore adulto è venuto il momento del coraggio.
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