Hanno il sapore dello sfogo le parole che Gianluca Petrachi affida ad una lettera aperta pubblicata dall’Ansa. L’ormai ex direttore sportivo della Roma, a due mesi dal licenziamento dalla società giallorossa, commenta: “Ho tentato di alzare un muro a difesa del gruppo, mi sono ritrovato solo contro tutti”. E ancora: “Sono stato abbandonato da una proprietà troppo distante da Roma, dalla Roma e dai tifosi”. Un vero e proprio attacco nei confronti della società di James Pallotta, artefice a detta di Petrachi di un ulteriore piano di ridimensionamento messo a punto nel mese di gennaio. Il ds, che ha scelto di affidarsi ai suoi avvocati, rivela inoltre di aver chiesto inutilmente “di allontanare gli elementi che violavano i segreti dello spogliatoio e del campo o, ancor peggio, che minavano i rapporti interni”. Nella sua lettera aperta Petrachi esordisce così: “Sta per iniziare la nuova stagione agonistica e, pur trovandomi forzatamente fuori dai giochi, voglio ringraziare i giocatori e i tifosi della Roma”. “Prima di tornare a parlare ho preferito attendere quasi due mesi – prosegue – dopo gli eventi traumatici e ingiusti che ho vissuto: dalla sospensione, passando per l’esonero, fino al termine della mia avventura, conclusasi con il licenziamento. Naturalmente nelle sedi competenti i miei avvocati di fiducia faranno valere le mie ragioni. Tuttavia, ritengo opportuno tutelare la mia immagine, andando oltre la delusione e il rammarico provati a causa dei provvedimenti assunti dalla società nei miei confronti”.
PETRACHI: “VOLEVO DIFENDERE IL GRUPPO”
Petrachi spiega la sua versione dei fatti: “Ho finito, paradossalmente, per pagare a caro prezzo l’eccesso di fedeltà verso una proprietà che mi aveva fortemente voluto, e che mi aveva legato a sé con un contratto importante, volto a realizzare un progetto triennale. Un progetto che aveva degli obiettivi da raggiungere: rendere la Roma più giovane e vincente riducendo i costi di gestione. In tal senso, fino a gennaio ho potuto operare in modo efficace. Infatti, con le cessioni di 15 giocatori e con l’inserimento dei nuovi acquisti, è stato creato un gruppo omogeneo, equilibrato e competitivo. Non è un caso se ben 7 elementi acquisiti sul mercato sono diventati titolari. Gli stessi che avrebbero poi dovuto rappresentare lo zoccolo duro di una squadra che dopo la vittoria contro la Fiorentina era saldamente al quarto posto in classifica”. Petrachi difende dunque il suo operato, ma individua un chiaro momento di svolta negativo: “Quando ho tentato di alzare un muro, di mettere uno scudo a difesa del gruppo, mi sono ritrovato solo contro tutti. Sono stato abbandonato da una proprietà troppo distante da Roma, dalla Roma e dai tifosi. Sono stato lasciato solo a combattere una lotta che non potevo portare avanti senza il supporto di chi doveva essere al mio fianco. D’altronde, le battaglie da soli non si vincono. A quel punto – prosegue l’ex ds giallorosso – ho capito di non poter portare avanti il progetto per cui ero stato scelto. E questo, ben prima che manifestassi al presidente Pallotta il mio disappunto per non essere stato neppure citato nella sua intervista”.
PETRACHI: “VOLEVO ALLONTANARE I TRADITORI DELLA ROMA”
Petrachi continua: “Avevo chiesto alla proprietà di allontanare gli elementi che violavano i segreti dello spogliatoio e del campo o, ancor peggio, che minavano i rapporti interni. Come quando, ad esempio, inventarono addirittura un litigio tra me e Dzeko. Quegli stessi elementi che, lavorando nel gruppo, avrebbero dovuto dimostrare fedeltà alla causa della Roma, rispettando il sacro silenzio dello spogliatoio, e che, invece, hanno preferito rendere pubblico l’esperimento della difesa a tre deciso da Fonseca, oppure l’infortunio riportato da Pellegrini. Evidentemente ho sbagliato io quando ho chiesto alla proprietà di eliminare questi elementi. E magari secondo qualcuno, avrei dovuto pure evitare di andare nello spogliatoio nell’intervallo del match con il Sassuolo sul 3-0, per spronare i giocatori a non calpestare la stessa loro dignità. Vedere una squadra da me costruita essere umiliata così è stato un colpo al cuore. E se quella sera sono sceso nello spogliatoio l’ho fatto solo ed esclusivamente per la Roma e per i suoi tifosi, soprattutto per quelli che nonostante l’enorme delusione erano lì e non smettevano mai di cantare. Sì, già a gennaio, a fronte anche di un programma di ulteriore ridimensionamento ordinato del presidente Pallotta, ho capito che non sarebbe stato semplice realizzare quel progetto triennale che mi era stato affidato solo pochi mesi prima”. Petrachi conclude: “Alla fine mi è stato fatto pagare un conto esagerato, e questo solo per aver difeso la Roma dentro e fuori dal campo, facendo solo gli interessi della squadra. Tuttavia, taluni hanno voluto bocciarmi per i miei limiti nella comunicazione, alcune volte troppo diretta, ma sempre sincera. Quello che posso dire però, è che resterò orgoglioso del lavoro svolto fino ad oggi nella mia carriera e anche nella Roma. Infine, faccio i miei migliori auguri a Dan e Ryan Friedkin e a tutta la nuova proprietà, nella speranza che riescano fin da subito a capire che questa città e questi tifosi hanno bisogno di una grande squadra che possa tornare il più presto possibile alla vittoria. Roma merita questo”.