La decisione dell’Opec di tagliare la produzione di un milione di barili lunedì ha lasciato il segno sui mercati con un rialzo dei prezzi del petrolio. Ieri il greggio è rimasto stabile, ma nell’orizzonte degli investitori è entrata una variabile che fino a domenica sera, quando è stato annunciato il taglio, non c’era.
Dopo l’impennata del primo semestre 2022, il prezzo del greggio era sceso sensibilmente fino a bucare gli 80 dollari in parte perché la produzione russa non si è fermata e in parte perché i mercati scontavano le preoccupazioni sulla domanda per il possibile rallentamento economico. I Paesi produttori hanno così subito il calo dei prezzi a cui ha contribuito anche la vendita delle riserve strategiche americane decisa da Biden. Il Presidente americano ha “dovuto” gestire l’impatto sociale e politico dell’impennata dei prezzi alla pompa in un Paese sterminato in cui ci si muove o in aereo o in macchina.
La decisione dell’Opec apre una nuova fase. L’Occidente è impegnato a contenere l’inflazione e a controllare le prime tensioni finanziarie derivanti dall’incremento dei tassi. L’ultima cosa di cui avrebbe bisogno è una nuova impennata del prezzo del petrolio che peggiori l’inflazione in una fase di possibile rallentamento. Questo avviene in un contesto geopolitico complicato che sta facendo venire meno alcuni elementi che si davano per scontati. Uno di questi è che le materie prime, tra cui quella strategica del petrolio, si spostano in quantità e qualità senza limiti sui mercati fisici e finanziari globali. In questo quadro l’Opec aveva come principale obiettivo quello di evitare eccessi di volatilità e di agire per mantenere una stabilità delle quotazioni.
Questo quadro viene meno con l’imposizione di sanzioni e tetti ai prezzi e con l’inasprirsi dei conflitti. In questo scenario la materia prima assume una valenza geopolitica che prima non aveva. L’obiettivo in un mondo frammentato e in guerra non è più la stabilizzazione dei prezzi, ma estrarre tutto il valore, economico e non solo, del prodotto. Le riserve in dollari russe, frutto di anni di esportazioni, sono state nei fatti cancellate nell’arco di qualche mese per le sanzioni occidentali. Giusto o sbagliato che sia, quello che importa è il cambiamento profondo delle relazioni internazionali. L’Opec ha annunciato a sorpresa un taglio di un milione di barili in un weekend senza che si sia ancora assistito a cali della domanda. Non era né scontato, né facile mettere d’accordo i membri.
Se la ripresa dei prezzi del petrolio continuasse questo sarebbe un problema politico. In America a 18 mesi dalle elezioni del 2024 si potrebbe riaprire la questione dell’incremento dei prezzi della benzina che è in cima alla lista delle preoccupazioni degli elettori. Esattamente come questo autunno era stata preso in considerazione il divieto alle esportazioni di gas, la pressione politica interna potrebbe influenzare le decisioni politiche americane sulle esportazioni e sugli accordi con i Paesi che producono il petrolio pesante necessario per miscelare quello leggero americano. L’America è comunque in una condizione molto migliore dell’Europa che non ha petrolio e che ha appena messo un tetto al prezzo del petrolio russo. Finora i prezzi del petrolio sono rimasti a un livello sufficientemente basso e il petrolio russo, sotto forma di raffinati, è continuato ad arrivare. Se la materia prima diventa scarsa rispetto alla domanda e non contano più solo valutazioni di mercato e di prezzo ma anche geopolitiche la competizione si sposta su un altro livello. Chi non ha leve per contenere i prezzi, o per via di un rapporto privilegiato con i produttori o per le riserve, deve affrontare un problema economico e un problema politico.
La notizia di domenica ha un impatto a prescindere di quello che accadrà ai prezzi nelle prossime settimane. La novità è una conferma di quanto sia cambiato il mondo da febbraio 2022: la disponibilità di materie prime che si muovono nel mercato fisico e finanziario globale senza intoppi e che sono liberamente accessibili al giusto prezzo non c’è più. Ci sono i rapporti bilaterali e le alleanze e in questo nuovo mondo il petrolio si paga di più in un modo o nell’altro.
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