Inchiesta potenzialmente clamorosa sulla raffineria Saras di proprietà della famiglia Moratti è emersa questa mattina con la perquisizione delle sedi in Sardegna su disposizione della procura distrettuale antiterrorismo di Cagliari: tra il 2015 e il 2016, secondo la tesi dell’accusa, un carico di petrolio dell’Isis sarebbe giunto in Sardegna proprio presso le raffinerie Saras. Non solo, l’arrivo dell’oro nero «avrebbe in seguito consentito all’azienda di indirizzare il mercato grazie a prezzi d’acquisto favorevoli»: sempre per gli inquirenti, la società dell’ex Presidente Inter Massimo Moratti avrebbe anche frodato il fisco italiano per una cifra di circa 130 milioni di euro con la quale sarebbe scattato un “finanziamento” allo Stato Islamico. L’inchiesta scattata lo scorso 30 settembre – secondo il report di Repubblica – ha visto oggi il suo divenir pubblico con le perquisizioni tanto a Cagliari quanto a Milano: ad essere indagati, spiega il dettagliato articolo su “Calcio e Finanza”, sono il capo dell’ufficio commerciale Saras Marco Schiavetti e il chief financial officier (Cfo) Franco Balsamo. Le accuse vanno da riciclaggio al falso fino ai reati tributari: tutto inizierebbe nel 2015, quando nella raffineria Saras di Sarroch arriva una particolare partita di petrolio greggio che «Risulta attestata tramite dichiarazioni non idonee né ufficiali», spiegano gli inquirenti.



LA REPLICA DEI MORATTI: “NESSUN ILLECITO”

In un giro molto complesso di società petrolifere (la svizzera Petraoc Oil Company ma anche la Edgewater Falls delle Isole Vergini per chiudere con la società turca Powertrans) il petrolio dell’Isis sarebbe arrivato nelle raffinerie dei Moratti: la Guardia di Finanza si è attivata quando sono emersi alcuni bonifici partiti dalla Saras, specie quello di 14 miliardi destinato alla Petraco più altri mandati verso altre società gemelle come la Edgewater (poi scopertasi come azienda off shore della Petraco, spiega Il Fatto Quotidiano, ndr). «All’epoca il Kurdistan, approfittando del conflitto scatenato da Daesh in Siria e in Iraq, aveva dato corso alla commercializzazione del greggio estratto dai propri giacimenti in assenza di autorizzazione da parte del governo di Baghdad», riportano i pm nei fascicoli emersi oggi sulla stampa nazionale. Diretta e netta la replica della famiglia Moratti alla maxi inchiesta, giunta solo alle analisi preliminari: «Il nostro comportamento è stato inappuntabile. Nessun illecito: abbiamo fornito tutta la documentazione alla magistratura, a cui ribadiamo fiducia e collaborazione». Secondo la procura però il carico di petrolio non sarebbe mai passato dalla Turchia tramite la Edgewater, bensì sarebbe arrivata direttamente dall’Iraq mosso prima dai curdi e poi in secondo luogo anche dai terroristi dell’Isis. «Dalla documentazione acquisita presso la filiale tedesca di Unicredit è emersa un’operazione di storno di 60 milioni effettuata dalla Edgewaters al governo curdo. Si può ragionevolmente ipotizzare – concludono i magistrati – seppure siano in corso i necessari approfondimenti che la restituzione del denaro sia dipesa dal fatto che la proprietà del greggio, in quel periodo, non era più curda ma dell’Isis».

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