Il petrolio russo continua ad arrivare in Europa, grazie ad alcuni canali “poco chiari” e alle operazioni condotte dalle aziende Big Oil, che passando attraverso l’India si assicurano approvvigionamenti di materia prima, con trasporti che violerebbero anche le leggi ambientali rappresentando un serio rischio di inquinamento. Un’inchiesta del Fatto Quotidiano ha accertato numerosi trasferimenti tra navi al largo della Grecia, che scambiano il petrolio proveniente dalla Russia e raffinato in India con passaggi “ship to ship” che avvengono quotidianamente nonostante le sanzioni internazionali e l’embargo imposto a Putin, in aree protette per la conservazione della fauna, come ad esempio il golfo di Laconia, vicino al quale nidificano le tartarughe Caretta-Caretta a rischio estinzione.
Solo a maggio queste operazioni sarebbero state 255, confermate dall’ex ufficiale militare in pensione Yorgos Daoutakos, che ha anche affermato “Se si verifica un incidente, dal punto di vista ambientale e finanziario, siamo morti“. Secondo la società S&P Global, ad oggi sarebbero stati scambiati più di 10 milioni di barili contenenti petrolio, in luoghi scelti appositamente per mascherarne la provenienza e aggirare i controlli.
Inchiesta sul petrolio russo: dall’India all’Europa grazie a operazioni in acque internazionali
Nelle operazioni oscure condotte dalle aziende Big Oil per il trasferimento del petrolio russo in Europa, il principale sito di smistamento è rappresentato dal porto di Laconia in Grecia, al largo del quale ogni giorno avvengono affiancamenti di navi che si scambiano il materiale, che spesso viene anche trasbordato in mare. Una tecnica molto pericolosa che potrebbe ripercuotersi sull’ambiente con il rischio di gravi incidenti. Sarebbero coinvolte alcune tra le maggiori industrie occidentali del petrolio, che fanno traffici con la compagnia indiana Gatick, sospettata di essere una società fantasma nata solo per mascherare la Rosnef, gigante russo dell’esportazione di petrolio ora colpito dalle sanzioni.
Diverse inchieste avevano confermato inoltre che tra l’India e la Russia permangono ottimi rapporti commerciali e che le raffinerie indiane sarebbero ora le principali responsabili dell’esportazione in Europa, grazie a queste operazioni che ne mascherano la provenienza. Inoltre, lo scambio che avviene in acque internazionali eviterebbe anche l’intervento sia dell’Unione Europea che del governo greco, che ha dichiarato più volte di non avere giurisdizione per bloccare gli scambi. Anche se dall’inchiesta emerge che lo stesso avrebbe rilasciato regolari permessi ai fornitori di servizi per le attività nei porti.