PFAS causano infertilità, maschile e femminile. A dimostrarlo, come riportato dal Guardian, è uno studio condotto dalla Icahn, la Scuola di Medicina di Monte Sinai, a New York. Le donne del campione che avevano i livelli più alti di queste sostanze chimiche nel sangue avevano anche il minore numero di possibilità di rimanere incinte entro un anno: la possibilità, in particolare, sarebbe del 40% inferiore rispetto a chi non è contaminato. Inoltre, per coloro che riescono a rimanere incinte, ci sarebbe il 34% delle probabilità in meno di portare a termine la gravidanza.



Il dato allarmante è che il 99% delle persone negli Stati Uniti, secondo precedenti ricerche, hanno evidenziato la presenza di PFAS nel sangue. Lo studio in questione è stato condotto invece su un campione a Singapore, dove i livelli di contaminazione sono stati più bassi, ma gli scienziati hanno comunque trovato una forte correlazione con l’infertilità. Non è, comunque, del tutto una novità. Le sostanze chimiche in questione, infatti, sempre più collegate a problemi di salute, inclusi tumori e malattie del fegato, dei reni e della tiroide. Da qui la necessità di debellarle.



PFAS nel sangue causano infertilità: i risultati dello studio

I PFAS, che secondo lo studio americano causano infertilità, sono purtroppo ancora utilizzati in una vasta gamma di prodotti, dalle pentole antiaderenti ai contenitori per alimenti, fino all’abbigliamento e all’arredamento. Essi sono definiti come “sostanze chimiche eterne” proprio perché molto lenti a degradarsi nell’ambiente e ora perpetrati nelle acque e nel suolo. I divieti di utilizzo istituiti in diversi Paesi non sono sufficienti a evitare i rischi.

“Il nostro studio implica fortemente che le donne che stanno pianificando una gravidanza dovrebbero essere consapevoli degli effetti dannosi del PFAS e prendere precauzioni per evitare l’esposizione a questa classe di sostanze chimiche”, ha affermato il dottor Nathan Cohen, autore principale della ricerca. A fronte di un costante aumento dei casi di infertilità nel mondo (1 persona su 6 ne soffre secondo un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità), la sensazione è che la causa del fenomeno possa essere proprio questa.