Non si placano le indiscrezioni e le testimonianze sul cosiddetto “Pfizer-gate”, ovvero lo scandalo che sta travolgendo la big-pharma del vaccino anti-Covid dopo le rivelazioni di Brook Jackson, l’ormai divenuta famosa ex dipendente di Ventavia (società che effettuava i trial per conto della multinazionale). Fummo tra i primi a riportare qui in Italia le notizie in arrivo dagli Usa sulle roboanti rivelazioni fatta dalla ex di Ventavia in merito a presunti dati falsificati, ritardi ingiustificati nei trial e potenziali errori non ravvisati durante i primi mesi di sperimentazioni sul vaccino Pfizer.
Oggi la stessa Jackson viene intervistata in esclusiva dal “Fatto Quotidiano” apportando nuove indiscrezioni e rivelazioni su cosa avvenne davvero nei primi mesi del vaccino anti-Covid, secondo la whistleblower tra le più famose d’America (secondo solo all’accusatrice di Facebook, Frances Haugen): «Quello che ho visto e che ho deciso di denunciare, anche se ho lavorato poche settimane per loro, è ascrivibile a una cattiva condotta reiterata, quotidiana. Pfizer aveva interesse che Ventavia arruolasse, nel minor tempo possibile, il maggior numero di partecipanti alla sperimentazione. Ventavia era determinata a rimanere uno dei partner preferiti da Pfizer».
“PFIZER-GATE, ECCO COSA NON ANDAVA”
Licenziata in tronco proprio per le sue denunce, è l’accusa ulteriore fatta da Brook Jackson dalle colonne del “Fatto”: «L’azienda per cui lavoravo da sole due settimane mi ha licenziato. Così, in tronco. Era un venerdì, ma stavo lavorando da casa perché mio figlio era malato. Ho passato tutta la mattina a rispondere alle mail, dopo qualche ora il computer mi chiede di reinserire la mia password, perché ero stata disconnessa. Ho provato diverse volte, ma la risposta era sempre, la password non è corretta. Ho capito che il mio account era stato disattivato e che, probabilmente, avevo perso il lavoro. Nel pomeriggio Ventavia mi ha chiamato e mi ha licenziato perché non ‘adatta’ alla posizione per cui solo poche settimane prima mi aveva assunto». Secondo la accusatrice di Ventavia-Pfizer, la sua società percepiva parte dei suoi compensi proprio sulla base del numero dei pazienti arruolati: «tanti più erano gli iscritti al trial, quanto più Ventavia guadagnava. Diciamo che la quantità e la velocità mal si coniugano con le sperimentazioni cliniche…», rintuzza ancora Jackson. Da ultimo, le parole forse più inquietanti dell’intera massa di testimonianze rilasciate oggi al “Fatto” ma negli scorsi giorni ai più autorevoli quotidiani Usa: «I dati sono stati falsificati, ci sono stati ritardi nel monitoraggio degli effetti collaterali, sono stati impiegati vaccinatori non adeguatamente formati e inoltre il personale responsabile dei controlli di qualità era sopraffatto dal volume di problemi riscontrati. I mille volontari, sono stati esposti a rischi irragionevoli, dovuti per esempio alle incongruenze nell’etichettatura del vaccino per il gruppo dei soggetti trattati e per il gruppo placebo, o alla cattiva conservazione del siero dovuta all’escursione termica a cui sono state sottoposte le fiale».