Duramente criticati durante la fase più acuta dell’emergenza Covid, i Dpcm del governo Conte continuano a far discutere. Il dibattito torna d’attualità dopo che è circolata la notizia di una sentenza di un giudice di pace di Piacenza, che ha annullato un’ordinanza prefettizia che rigettava il ricorso di una cittadina che si era opposta alla sanzione amministrativa che le era stata erogata quando c’erano restrizioni alla libertà di spostamento. A lanciare la notizia è stato il Sindacato d’Azione, coadiuvato da alcuni avvocati di Praesidium, di cui fa parte proprio il legale che ha assistito tale cittadina, l’avvocato Giovanna Turchio, del Foro di Piacenza e membro dell’Osservatorio giuridico Praesidium.



La sua assistita era stata fermata nell’aprile 2020 mentre si recava dai genitori anziani che avevano bisogno di assistenza. Aveva con sé l’autocertificazione, ma fu sanzionata perché non c’erano comprovate esigenze lavorative. Dopo il ricorso respinto dal Prefetto, la cittadina si è rivolta al giudice di pace che si è pronunciato qualche settimana fa. La giudice Maria Cristina Ferraresi, secondo quanto riportato appunto dall’Osservatorio di cui fa parte il legale, ha motivato la sua decisione spiegando che «la limitazione ai diritti fondamentali (costituzionalmente garantiti) verificatosi nel periodo di emergenza sanitaria, è derivata non dalla diffusione pandemica del virus SARS-CoV-2 in quanto tale», bensì dall’adozione di Dpcm «per il tramite dei quali (in ragione dell’esistenza di un’emergenza sanitaria), è stata compressa – ed in alcuni casi finanche abolita – parte delle libertà fondamentali concesse al singolo individuo».



“CON DPCM COMPRESSI DIRITTI E LIBERTÀ”

Il giudice di pace di Piacenza scrive che con quei Dpcm vennero «compresse la libertà di circolazione, la libertà di riunione, la libertà religiosa, il diritto/dovere all’istruzione, la libertà di iniziativa economica, l’inviolabilità del domicilio, la libertà personale al movimento». La giudice Maria Cristina Ferraresi spiega nella sentenza che neppure una legge potrebbe prevedere l’obbligo di permanenza domiciliare nei confronti dei cittadini e precisa la differenza sostanziale tra la libertà di circolazione e quella di restrizione personale. «I limiti della libertà di circolazione attengono a luoghi specifici in cui l’accesso può essere precluso, perché ad esempio pericolosi; quando invece il divieto di spostamento non riguarda i luoghi, ma le persone, allora la limitazione si configura come è vera e propria limitazione della libertà personale». Se, quindi, il divieto di spostamento è assolto, quindi il cittadino non può recarsi in nessun luogo a parte casa sua, «è indiscutibile che si versi in chiara e illegittima limitazione della libertà personale». Peraltro, per il giudice di pace contesta anche la dichiarazione dello stato d’emergenza adottata dal Cdm il 13 gennaio 2020: «Dovrebbe ritenersi illegittima perché emanata in assenza di presupposti legislativi, in quanto nessuna fonte costituzionale o avente forza di legge ordinaria attribuisce il potere al Consiglio dei Ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario di conseguenza anche tutti gli atti amministrativi conseguenti dovrebbero essere ritenuti illegittimi, ovvero i DPCM, che hanno imposto la compressione dei diritti fondamentali dei cittadini italiani». Un’altra decisione destinata a far discutere, dopo quella del Tribunale di Firenze.

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