Tra le prime linee del suo programma di governo, indicate dallo stesso presidente del Consiglio incaricato, Mario Draghi, nei colloqui con le forze politiche, c’è anche un “efficace piano vaccinale”. E oggi “la priorità che porteremo al tavolo del professor Draghi, mentre altri si occupano di ministeri e di poltrone, sarà soprattutto la salute – ha dichiarato il leader della Lega, Matteo Salvini –. C’è un modello lombardo che è il più avanzato dal punto di vista della messa in sicurezza della popolazione e delle vaccinazioni. Proporremo a Draghi il “modello Bertolaso”, perché “avere l’Italia in sicurezza entro l’estate sarebbe fondamentale. Mi sembra – ha concluso Salvini – che Bertolaso abbia le idee chiare”.



Ma che cosa prevede il piano vaccinale che lo stesso Bertolaso non ha esitato a definire “la più importante operazione di Protezione civile mai realizzata in Italia”?

La parola d’ordine è accelerare e l’obiettivo è non solo quello di mettere in sicurezza entro marzo tutta la popolazione anziana residente in Lombardia, vale a dire 700mila over 80, ma soprattutto di vaccinare (con la doppia dose) tutti i lombardi entro giugno: 6,6 milioni di cittadini, escludendo gli oltre 1,3 milioni di abitanti tra 0 e 14 anni che sono esclusi dalla vaccinazione e gli 1,7 milioni di soggetti ad alto rischio ai quali si stanno prioritariamente già somministrando le dosi.



“Massiva” è l’aggettivo chiave per capire come l’ex capo della Protezione civile, chiamato dal governatore Attilio Fontana proprio come consulente della Lombardia per la campagna vaccinale regionale, intenda affrontare questa sfida, andando cioè oltre l’idea della somministrazione a favore dei soggetti più fragili e più a rischio. Il principio di fondo, infatti, è molto chiaro: bisogna vaccinarsi tutti, per tutelare al meglio la salute di se stessi e la salute di tutti gli altri. Ha spiegato Bertolaso: “Si tratta di mobilitare la Protezione civile della Lombardia, gli oltre 400mila volontari di oltre 400 associazioni: si tratta semplicemente di immaginare una grande orchestra”.



Qualche numero può aiutare a capire la portata della sfida: al suo picco la capacità di vaccinazione supererà le 150mila inoculazioni al giorno, con una media che si aggira attorno alle 120mila; da 35 a 63 i centri vaccinali (prevedono, tra gli altri, spazi come fiere, palazzetti, auditorium, teatri, congressi e palestre); servizi attivi sette giorni su sette e 24 ore su 24; vaccinazioni in sette minuti (meno di due minuti per l’accettazione, tre per l’anamnesi, due o tre per la somministrazione vera e propria, più un quarto d’ora per l’osservazione finale).

Sabato e domenica lo stesso Bertolaso ha voluto presiedere a una sorta di prova generale: in Fiera Milano sono state convocati 2.360 operatori del 118 dell’Areu (Azienda regionale emergenza urgenza) che avevano ricevuto la prima dose di Pfizer contro il Covid nel weekend del 16-17 gennaio. Ci vorrà qualche giorno per avere i dati completi sulla sperimentazione, ma chi ha assistito alla simulazione – accoglienza con la Protezione civile, accettazione, registrazione e inoculazione con il personale sanitario – parla di tempi accelerati e flussi molto fluidi, senza code o tempi morti eccessivi.

Il piano è strutturato in base alla diffusione dei centri vaccinali, suddivisi per dimensione: molto grandi, grandi, medi e piccoli. Il che vuol dire modulare spazi, personale, tempi e produttività di tutti questi luoghi, che spaziano appunto dalle palestre fino ai grandi padiglioni fieristici. Per ogni tipologia di struttura il piano Bertolaso prevede minuziosamente – con tanto di layout, personale da impiegare, tempistica e numero di persone da vaccinare senza creare assembramenti – tutti i passaggi del percorso: l’arrivo, l’attesa, la registrazione, l’accettazione, l’anamnesi, l’inoculazione e il tempo di stand by per verificare post-somministrazione l’insorgenza di eventuali controindicazioni.

È una logistica – diciamo così – “industriale” in cui tutto, fin nei minimi dettagli, è predisposto come lungo una sorta di “catena di montaggio”, dove ogni “anello” è ben oliato e concatenato con il precedente e con il successivo. Spazi ovviamente separati, come è giusto che sia, per evitare code e lunghe attese; tempi cronometrati per ottimizzare al meglio l’efficacia dell’operazione; distribuzione del personale – sanitario e non – precisa affinché ogni singolo passaggio possa garantire la massima fluidità e produttività.

Si vede chiaramente l’impronta dei tre “padri” che hanno contribuito a ingegnerizzare il progetto di Bertolaso: Fiera di Milano, Politecnico di Milano e Policlinico di Milano. La prima ha messo a disposizione la propria expertise nelle manifestazioni fieristiche (i tempi di allestimento non devono essere lunghi né farraginosi); il secondo ha offerto tutto il know how logistico in cui eccelle; il terzo ha curato tutti gli aspetti sanitari. Ma il piano Bertolaso non è solo la somma di questi tre saperi, sfrutta invece il loro amalgama e l’effetto moltiplicatore sul piano dell’efficienza è dato proprio dall’incastro di queste tre eccellenze riconosciute anche a livello internazionale. Un atout che rende il progetto meritevole di attenzione.

Con un’ultima annotazione: l’esperienza pratica suggerirà via via gli accorgimenti utili per migliorarlo ancora di più, perché le variabili in gioco sono tante. Basti pensare alla disponibilità delle dosi dei vaccini, condizione imprescindibile perché il piano possa funzionare a pieno regime, o alla possibilità che ci siano persone che non vogliano farsi vaccinare (la stima parla di circa un 15% di persone).

La ricerca di spazi adeguati, comprese le grandi città (Milano, per esempio, avrà tre grandi centri in grado di coprire tutta la domanda della metropoli: 30mila vaccinati al giorno), non viene considerata un problema. Forse la scommessa maggiore si giocherà sulla disponibilità del personale sanitario, perché non basterà certo il bando nazionale indetto dal Commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri, a reperire un numero sufficiente di medici e infermieri attraverso le agenzie del lavoro interinale. Ma anche su questo fronte Regione Lombardia ha cominciato a muoversi, andando alla ricerca delle risorse umane necessarie, soprattutto infermieri e inoculatori. E l’inoculazione è il minore dei problemi.

Da qui in avanti il grosso del lavoro si concentrerà sul sistema di pre-allerta e convocazione dei soggetti da vaccinare, di modo che i flussi siano continui, senza interruzioni, code o intoppi. Una macchina complessa che si sta facendo le ossa con le vaccinazioni di queste settimane.

Resta la domanda: un piano fattibile? Se il rifornimento dei vaccini non subirà contraccolpi o tagli, la risposta è sì. E comunque un primo tagliando importante lo si avrà con il completamento della vaccinazione degli over 60: un traguardo che dovrebbe garantire l’abbattimento del 70% del rischio di contagio e soprattutto alleggerirà la pressione su ospedali e terapie intensive, facendo così respirare il sistema sanitario.

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