Tutto chiaro. Vittorio Colao ha presentato al premier Conte il suo piano “Iniziative per il rilancio “Italia 2020-2022”. Colao è stato tenente dei carabinieri. Adesso Conte prende il suo piano e lo sottopone ai generali, gli Stati generali.
Una battuta veramente cretina. Per questo, perfettamente in carattere con la situazione.
Una situazione che peraltro, immaginata mediaticamente per generare consenso, sta generando depressione.
Le 121 pagine di relazione scodellate ieri sulla scrivania del premier e da questa rimbalzate su tutti i media sono piene zeppe di onestissime e qua e là perfino emozionanti ovvietà. Lontane mille miglia però da qualsiasi consapevolezza con la realtà. Totalmente decontestualizzate. Sono state scritte in videoconferenza, poverine, e si vede che rappresentano un piano “da remoto”.
Diamo una scorsa all’indice. A cominciare da uno dei sei capitoli, quello dedicato a “imprese e lavoro”:
1. Occupazione e ripartenza delle imprese
2. Liquidità di sopravvivenza alle imprese
3. Riduzione impatto contenziosi post-crisi
4. Rafforzamento capitalizzazione delle imprese
5. Incentivo alle misure di presidio del rischio fiscale
6. Emersione lavoro nero
7. Emersione e regolarizzazione contante derivante da redditi non dichiarati
8. Regolarizzazione e rientro dei capitali esteri
9. Passaggio a pagamenti elettronici
10. Innovazione tecnologica e proprietà intellettuale
11. Innovazione energetica e sostenibilità
12. Sostegno a Start-up innovative
13. Competenze gestionali e assunzioni specialistiche
14. Riqualificazione disoccupati/Cig
15. Piattaforme formative pubblico-private per filiere produttive
16. Reti, Filiere e Aggregazioni
17. Sostegno Export
18. Reshoring
19. Terzo settore
Immaginatevi altrettanti capitoli belli, sorridenti, auspicabili ed edificanti dedicati agli altri cinque capitoli del piano: Infrastrutture e ambiente; Turismo, Arte e Cultura; Pubblica Amministrazione; Istruzione, Ricerca e Competenze; Individui e Famiglie.
In 121 pagine ci sono le linee guida della Città del Sole. Roba che il Paese dei balocchi al confronto è un postaccio tetro.
Inevitabili ovvietà, perché del tutto decontestualizzate. Non un pensiero su “come” fare questi miracoli.
Ma che senso avrebbe mai prendersela con Colao e con i suoi?
Significherebbe prendersela con gente perbene, competente – dei veri e propri geni universali a confronto con la maggior parte dei componenti il governo – distolta dalle proprie attività (o nel caso di Colao sostanziali inattività) e colpevoli semmai solo di un po’ di narcisismo (“sai, cara, mi ha chiamato il premier…”) ma non certo del non essere andati al di là dell’ovvio. Chi avrebbe potuto evitare l’ovvio, richiesto di scrivere cento pensierini sulla bella Italia di domani?
È mettendo le mani nel motore guasto che ce le si sporca di grasso ma forse lo si aggiusta. Da lontano, da “remoto”, no. Questo è un piano “da remoto”, ricordiamocelo: e si vede.
A questo punto la palla – la pallina – passa nella metà campo degli Stati generali. L’oggetto misterioso evocato da Conte per costruire il futuro economico del Paese, dimentico di quell’altro futuro che intanto la Commissione Colao aveva a sua volta avuto incarico di disegnare! Stati generali che il principale alleato di governo di Conte, il Pd, non ritiene sensato convocare.
Nel frattempo, in un piacevole scambio d’opinioni con giornalisti disassembrati nel cortile di Palazzo Chigi, il premier si è anche lasciato ad andare ad una valutazione possibilista sulla costruzione del ponte sullo Stretto, per la serie Carramba che sorpresa. E subito il movimento Cinquestelle è saltato su a dire che quel ponte non si fa. Ma guarda.
Se non fosse disperata, la situazione sarebbe da ridere.