Il piano della task force guidata da Vittorio Colao è in arrivo, ma le prime proposte hanno già fatto il giro del web sollevando il dibattito. Uno dei provvedimenti maggiormente contestati è lo stop al contante per fare spazio ai pagamenti elettronici. Una norma mirata per assestare un duro colpo all’evasione fiscale, come spiegato dallo stesso ex ad Vodafone: «Concettualmente del contante non c’ è bisogno, e nemmeno dei pos. Ogni smartphone può fare queste operazioni. È chiaro che bisogna creare degli incentivi per chi fa e per chi riceve i pagamenti elettronici. Un po’ di nero lo farebbe emergere», riporta il Corriere della Sera.



Non si sono fatte attendere le prime reazioni politiche, netto il giudizio di Giorgia Meloni: «Conte aveva chiesto un atto d’amore alle banche ma è stato ignorato, ora i suoi esperti tornano a corteggiarle offrendo in dote incentivi per incassare commissioni spillate dalle transazioni tra cittadini e imprese. La situazione economica è drammatica, non c’è più spazio per queste marchette alle banche, invece di sentenziare dalla City consiglio a Colao di venire in Italia a parlare con chi produce e crea ricchezza e scoprire cos’è l’economia reale». (Aggiornamento di MB)



PIANO COLAO, LE PROPOSTE DELLA TASK FORCE

È in dirittura d’arrivo il piano “shock” di Vittorio Colao, come lo ha definito Milano Finanza. E proprio il quotidiano finanziario ha fornito qualche anticipazione in merito al contenuto e quindi alle proposte che la task force guidata dall’ex ceo di Vodafone dovrebbe presentare al premier Giuseppe Conte per il rilancio strutturare dell’economia italiana per la crisi causata dal coronavirus. Tra le proposte: pace fiscale, piena deducibilità degli aumenti di capitale, benefici fiscali per le aziende che centrano gli obiettivi di crescita dimensionale, creazione di un fondo pubblico di sviluppo, modifica delle procedure fallimentari. Ma la task force ha indicato anche i limiti strutturali della nostra economia. Le imprese, ad esempio, hanno misure inadeguate a fronteggiare la competizione con quelle estere. Non possono essere sostenute solo con la leva fiscale, considerando il rapporto debito pubblico-pil e la spesa corrente della Pubblica amministrazione. Inoltre, Colao ritiene che sia impossibile chiedere un altro sforzo al sistema bancario, che è già troppo esposto al rischio Italia.



PIANO COLAO PER IMPRESE, CRESCITA E GESTIONE CRISI

Un altro fattore di debolezza del sistema industriale italiano è, secondo la task force guidata da Vittorio Colao, è il nanismo delle imprese che fa crescere la rigidità finanziaria. Questo discorso vale soprattutto per le pmi. Le crisi poi in Italia durano più a lungo, con danni per creditori e costi elevati rispetto ai paesi con cui ci si confronta. E con la crisi provocata dal coronavirus questo problema cresce ulteriormente. Sulla base di questa analisi, sono state avanzate tre proposte per imprese, crescita e sostegno dell’economia attraverso il Fondo per lo Sviluppo e gestione della crisi. Per quanto riguarda le imprese, la crescita dovrà passare da ricapitalizzazioni, investimenti e innovazione. La leva fiscale sarà importante per incentivare il raggiungimento di questi risultati. Quindi il “piano Colao” propone di incentivare la patrimonializzazone delle aziende con una deduzione degli aumenti di capitale e una pace fiscale di tre anni. Gli investimenti in Ricerca e sviluppo potranno avere una deducibilità al 200 per cento. Secondo quanto anticipato da Milano Finanza, per la crescita si useranno tre parametri europei: dipendenti, attivo e fatturato. Si pensa ad esempio ad un taglio dell’aliquota fiscale.

PIANO COLAO, FONDO DA 200 MILIARDI GESTITO DA CDP

Il sostegno all’economia dovrà passare dalla creazione di un Fondo per lo Sviluppo con un capitale tra 100-200 miliardi di euro. Stato, regioni, province e comuni dovranno conferire immobili, partecipazioni in società quotate e titoli. Ma secondo quanto anticipato da Milano Finanza, sarà anche sondata la possibilità di attingere a parte delle riserve auree di Bankitalia. Questo fondo dovrebbe essere gestito da Cassa depositi e prestiti (Cdp). Le quote dovrebbero essere messe a garanzia dei crediti erogati alle imprese, quindi assegnate alle banche e vendute agli investitori o alla stessa Bce. Le somme raccolte andranno investite da Cdp nell’industria 4.0 e nelle imprese ad alto tasso di crescita. Per quanto riguarda, invece, la gestione della crisi, si potrebbe arrivare anche a 300mila procedure fallimentari nel prossimo anno. Quindi bisogna pensare ad un percorso innovativo. Alle aziende maggiori sarà proposto il congelamento dei debiti e la nomina di un team di esperti con pieni poteri, nominati dal Tribunale su indicazione dei creditori ed eventualmente sentendo pure l’imprenditore. Entro 30 giorni dovranno presentare un programma di riorganizzazione e tamponamento della crisi, in sei mesi va chiusa la procedura con la cessione, fusione o liquidazione. Per le Pmi si pensa alla stessa procedura ma con un solo capo azienda e identici tempi e modalità di remunerazione.