Quello che i media internazionali hanno definito “The Deal of the century”, “l’accordo del secolo”, ha già ricevuto il no totale di Hamas e del presidente dell’Autorità nazionale palestinese. Per Donald Trump, “l’unico accordo in grado di garantire una pace definitiva tra Palestina e Israele” e che se sarà rifiutato non avrà più alcuna altra possibilità. Per Filippo Landi, già corrispondente della Rai a Gerusalemme e attualmente inviato di Tg1 Esteri, intervistato dal Sussidiario, non siamo davanti a un piano di pace come sbandierato, ma a un progetto che vuole mettere i palestinesi con le spalle al muro: “È un piano che umilia i palestinesi e le loro aspettative nazionali ma allo stesso tempo il rifiuto di questo piano potrebbe essere quello che Trump e Netanyahu insieme sperano, cioè poter utilizzare il rifiuto per porre in atto definitivamente quello che c’è scritto nel piano”. Ecco cosa ci ha detto.



Trump ha fatto promesse clamorose annunciando il piano pensato dall’amministrazione americana: un milione di posti di lavoro per i palestinesi, 50 miliardi di dollari di aiuti economici, un autentico Stato palestinese. Il tutto se rinunceranno a ogni aiuto estero e a ogni forma di guerra contro Israele. Hamas ha già detto di no. Qual è la sua impressione?



Il piano di Trump non è l’accordo di pace che lui ha sbandierato. Mentre parlava, alla Casa Bianca, accanto a lui c’era solo il premier israeliano Netanyahu, non c’era nessun rappresentante palestinese. È un piano americano che trova il consenso di Israele ma certo non è l’accordo del secolo.

Che cosa è allora?

Sappiamo che la diplomazia è maestra nel cercare strade anche nelle zone più impervie. Se non l’America, forse alcuni paesi europei cercheranno di spingere i palestinesi a una trattativa su alcuni punti che nel discorso sono apparsi clamorosamente contraddittori.

Quali?



Cito solo Gerusalemme che, ha detto il presidente americano, rimarrà capitale indivisa di Israele, mentre nello stesso tempo la sua parte est sarà capitale dello Stato palestinese. Anche uno scolaretto delle elementari di New York farebbe notare che c’è una contraddizione.

Come scioglierla?

Può darsi che alcuni paesi europei e anche arabi spingano i palestinesi a chiedere a Trump di scoprire le carte che al momento sono assolutamente coperte.

Trump ha anche detto che questa è “l’ultima occasione per i palestinesi di ottenere un accordo di pace conveniente” e poi ha detto che “il Medio Oriente sta cambiando in modo positivo”. Si direbbe che il Medio Oriente non abbia mai vissuto un periodo peggiore, se guardiamo alla realtà. Lei cosa dice?

Penso che questa domanda sia centrale e la risposta che verrà data a questa domanda sarà altrettanto importante. L’ultima chance è la chiave segreta di questo piano.

Quale?

Così come si presenta è un piano che umilia i palestinesi e le loro aspettative nazionali, ma allo stesso tempo il rifiuto di questo piano potrebbe essere quello che Trump e Netanyahu insieme sperano. Cioè poter utilizzare il rifiuto palestinese per porre in atto definitivamente quello che c’è scritto nel piano. Le faccio un esempio. Indiscrezioni sui giornali israeliani dicono che la cosiddetta area C prevista dagli accordi di Oslo, una parte consistente del territorio palestinese che secondo quegli accordi doveva rimanere non sotto controllo israeliano e allo stesso tempo non sotto sovranità israeliana, passerebbe allo Stato di Israele.

Questo cosa implica?

Significa che se si procede in questa operazione, da Gerusalemme scendendo fino a Gerico a sinistra e a destra di questa strada ci sarebbe solo lo Stato di Israele. Verrebbe meno la connessione geografica di un futuro Stato, tanto è vero che si dice anche di uno Stato palestinese dove i territori saranno congiunti  tra loro da ponti, tunnel e strade. Significa che lo Stato palestinese sarebbe fatto di poche città con territori intorno che si collegherebbero ad altre città grazie a ponti o tunnel controllati da israeliani. Tutto ciò accadrebbe immediatamente se i palestinesi formalizzassero il no. Questa è la minaccia dietro all’affermazione dell’ultima chance.

A questo punto cosa succederà?

Io non credo alla formalizzazione di un rifiuto, il rifiuto ci sarà, ma al contempo si tenterà di mettere alla prova Trump e Netanyahu partendo dall’aspetto simbolico più importante: il futuro di Gerusalemme. Ci sarà una trattativa probabilmente segreta che sarà la prova del nove del fallimento o di un’apertura a un accordo, sfrondato dalla retorica di Trump cose come i milioni di posti di lavoro, i 50 miliardi di dollari che non si sa nemmeno chi tirerà fuori.

Cosa faranno i democratici di questo piano se vincessero alle prossime elezioni?

Intanto va detto che questo piano arriva non a caso il giorno dopo la Giornata della memoria della Shoah, sull’onda del ricordo di quanto gli ebrei hanno sofferto in Europa, per condizionare pesantemente non solo i palestinesi ma l’opinione pubblica internazionale. Arriva anche poco prima della discussione alla camera americana dell’impeachment di Trump ed è uno strumento per condizionare i deputati repubblicani e democratici a cui non piace la politica di governo di Trump.

In conclusione?

Ultimo punto: in caso di vittoria democratica sicuramente ci sarà un intervento per far sì che le affermazioni retoriche di questo piano siano invece sostanziate da affermazioni concrete riguardo al futuro Stato palestinese. Anche i democratici si rendono conto che umiliare i palestinesi non conviene per la stabilità del mondo intero.

(Paolo Vites)