Incontrando i presidenti di commissione del Parlamento europeo, Mario Draghi è tornato a parlare della necessità di massicci investimenti in Europa (500 miliardi di euro l’anno solo per la doppia transizione green e digitale) e ha anche evidenziato la necessità di “costruire il consenso politico” per riformare l’Ue e migliorare il funzionamento delle sue istituzioni. Secondo Giulio Sapelli, economista, Professore emerito di Storia economica alla Statale di Milano, la richiesta dell’ex Premier italiano sul fronte degli investimenti «non può che essere condivisibile sul piano teorico economico. In modo neokeynesiano si intende utilizzare il debito per generare crescita. Si vuole incentivare la creazione di infrastrutture o di stock di capitale fisso con il fine di creare occupazione, profitto capitalistico o destinato agli Stati, se verranno create imprese pubbliche».



Tutto questo sul piano teorico. Su quello pratico, invece?

Sembrano i contenuti di un piano elaborato da una società di consulenza la cui applicazione viene lasciata all’azienda che l’ha richiesto. Tuttavia, Mario Draghi, che lo voglia o meno, non è un funzionario di una società internazionale di consulenza, ma ha una responsabilità politica: anche se non è stato eletto dal popolo, è stato Primo ministro. Avrebbe dovuto, quindi, accompagnare le sue proposte con quelle che sono le gambe politiche su cui dovrebbero camminare. Invece, non vedo nessuna proposta in merito e mi sembra molto grave: rivela una mancanza di coraggio o di intelligenza politica.



Draghi ha però evidenziato la necessità di costruire un consenso politico sulle riforme necessarie nell’Ue…

Sembra quasi offensivo, perché non si tratta di costruire il consenso politico, ma le istituzioni europee, perché con quelle attuali le proposte di Draghi non sono realizzabili. A occhio ci vorrebbe un’Europa federale, piuttosto che una vera Banca centrale o una Cdp europea per finanziare gli investimenti. Il punto è che bisogna dar vita a una Costituzione europea. Purtroppo, l’ex Presidente della Bce finisce per assumersi una gravissima responsabilità.

Quale?

Alimentare l’illusione malefica che senza dotare l’Europa di una Costituzione sia possibile realizzare quello che lui propone. Se si cercherà di farlo con l’attuale assetto istituzionale si finirà per produrre solo danni.



Si potrebbe anche riflettere su un punto: come si fa a costruire il consenso politico in un momento in cui sembra crescere il malessere contro le istituzioni europee, come mostra la prolungata protesta degli agricoltori?

Le migliaia di trattori che fanno rombare i loro motori in tutta Europa sono un attacco frontale alla politica economica europea, con tutti i suoi annessi e connessi, dalla transizione green alla Pac. Mentre è in atto questa sorta di anti-rivoluzione verde contro le istituzioni europee, le proposte di Draghi sembrano in effetti cadere dal pero.

Cosa occorrerebbe fare per evitare di trasmettere questa impressione?

Occorre solo un po’ di coraggio. Basterebbe una breve premessa politica alle proposte economiche, che saranno verosimilmente parte del rapporto sulla competitività europea cui Draghi sta lavorando, in cui si evidenzia che le istituzioni europee attuali sono inadeguate a portare avanti tali proposte e che occorre quindi una riforma. Si badi bene: non si tratta di discutere di unione bancaria o di abolizione delle decisioni all’unanimità, ma di dotare l’Europa di una Costituzione, di un fondamento giuridico, in modo che non sia più un mero aggregato di Stati.

A proposito del rapporto cui Draghi sta lavorando, cosa pensa del fatto che sarà presentato dopo le elezioni europee?

Mi sembra un segno di viltà. Dovrebbe essere presentato prima del voto. Dato che è un documento importante, credo che l’elettorato dovrebbe sapere cosa ne pensano i candidati e i partiti che concorrono.

Come le sembra il dibattito in vista delle europee a poco più di tre mesi dal voto?

Le politiche green sono giustamente poste all’ordine del giorno dal rombo dei motori dei trattori, ma mi sembra che nel dibattito manchi un tema centrale: dinanzi alle sfide enormi che ha, soprattutto davanti al pericolo di un ritorno all’isolazionismo nordamericano, l’Europa dovrebbe confrontarsi sulla riforma delle sue istituzioni. Vogliamo un’Europa federale, piuttosto che confederale? Vogliamo costruire una vera Banca centrale al posto di quella attuale che serve a ben poco? Vogliamo continuare ad avere un Parlamento europeo che non serve a niente? Vogliamo dargli dei poteri? Vogliamo un’Europa fondata sulla legge o sul dominio del più forte com’è oggi?

Ritiene che Draghi avrà un qualche ruolo o incarico nell’Europa post-elezioni?

Non lo so. Credo che sia un uomo che ha dimostrato di essere assolutamente inattaccabile sul piano morale e civile. È necessario, però, un lungo apprendistato politico per affrontare un incarico che consenta di portare avanti proposte come quelle che ha avanzato.

Parlare della necessità di investimenti nella difesa, come fa tra gli altri anche Draghi, non ci porterà a un’economia di guerra?

Siamo già in un’economia di guerra. E tipicamente le economie di guerra si reggono sul debito pubblico e sono, quindi, necessarie istituzioni che gestiscano le ingenti risorse da spendere. Non mi pare che l’Europa oggi le abbia.

(Lorenzo Torrisi)

— — — —

Abbiamo bisogno del tuo contributo per continuare a fornirti una informazione di qualità e indipendente.

SOSTIENICI. DONA ORA CLICCANDO QUI